venerdì 17 maggio 2013

Kabobo è sano di mente


Carcere di Lecce, sesta sezione, reparto C2, stanza seconda: Mada Kabobo sta vedendo la tivù in compagnia di un altro recluso. È il 19 gennaio del 2012 e quel giorno Kabobo «scaraventava per terra il televisore in dotazione ai detenuti, rompendolo completamente» (come è spiegato nell'avviso di conclusione delle indagini - per danneggiamento - della Procura pugliese). Può apparire un fatto di cronaca minore: è la seconda denuncia in Italia per Kabobo, che in quel momento si trova già in carcere per la rivolta nel centro «richiedenti asilo» di Bari-Palese. Eppure non è un piccolo dettaglio esistenziale, un banale gesto nella quotidianità di un detenuto. All'origine del danneggiamento, sembra, ci sarebbe una lite con un altro carcerato, Jon L.; dunque non un raptus che lasciasse intendere una qualsiasi forma di squilibrio mentale. Questo passaggio è importante, per certi versi fonte di rivelazioni e nel contempo di inganni: in tutta la documentazione giudiziaria relativa a Kabobo e oggi depositata nei processi in corso a Bari e Lecce, il 31 enne ghanese non ha mai mostrato segnali che facessero pensare a debolezze psichiatriche. Sembrava sano. Non solo. Nella relazione della Digos di Bari sulla guerriglia è scritto: «Comprende la lingua inglese». È il contrario rispetto all'estrema difficoltà di Kabobo nel capire e parlare, sia al momento dell'arresto a Niguarda (sabato), sia durante il primo interrogatorio a San Vittore (lunedì).

La prima traccia dell'assassino negli archivi criminali italiani risale a quasi un anno prima. Sesso: «M». Altezza: «178». Corporatura: «Media». Segni particolari: «Nessuno». Sotto ci sono le foto, fronte e profilo. Firmato: gabinetto interregionale di Polizia scientifica di Bari. Quel che più conta è la data: 23 maggio 2011. Quel giorno, per la prima volta, Mada Kabobo viene fotosegnalato in Puglia per la richiesta di asilo politico. Significa che è sbarcato a Lampedusa nelle settimane precedenti, proveniente dalla Libia come lui stesso ha spiegato. Nel Cara di Bari passa quindi poco più di 2 mesi. Fino al primo agosto 2011, quando gli immigrati scatenano una giornata di guerriglia «per contestare il ritardo nella convocazione da parte della commissione per il riconoscimento dell'asilo politico». Per rendersi conto della violenza di quel giorno, bisogna ripercorrere la relazione della Digos: i rivoltosi «cominciavano una violenta sassaiola nei confronti degli operatori, seguita da vere e proprie cariche contro gli agenti, guadagnando terreno e raggiungendo in tal modo alcune vetture di servizio, che venivano seriamente danneggiate con sassi e bastoni di ferro». E ancora: asserragliati sui binari delle ferrovie, gli immigrati «con una violenta e continua gragnuola di sassi, lanciati anche con fionde improvvisate, riuscivano a respingere la carica della polizia costringendo i reparti ad indietreggiare». Dopo il caos, tra i quasi 30 fermati, viene arrestato anche Kabobo. Gli agenti della polizia ferroviaria lo identificano intorno alle quattro del pomeriggio assieme a un altro ghanese, Shahdu Zakari, 31 anni. Scrivono i poliziotti: «I due sono stati da noi bloccati mentre, dopo aver lanciato sassi contro le forze dell'ordine, tentavano di dileguarsi velocemente verso gli autobus parcheggiati all'interno della struttura militare dell'aeronautica». Sarà questo il primo atto d'accusa contro Kabobo, che ancora è sotto processo a Bari (prossima udienza ad ottobre). È dunque interessante ripercorrere l'intera cronologia: l'assassino di Niguarda sbarca a Lampedusa prima del 23 maggio 2011; quel giorno è certamente a Bari, dove viene preso in carico dal centro per «richiedenti asilo» (Cara) e fotosegnalato; il primo agosto partecipa alla rivolta e finisce in carcere a Lecce; il 19 gennaio 2012 spacca il televisore dentro il penitenziario; a metà febbraio esce e viene mandato con «obbligo di dimora» nel Cara di Foggia. Da lì scomparirà poco dopo. Significa che Kabobo, nei suoi primi 10 mesi in Italia, non esce mai all'esterno. Rimane sempre sotto controllo, dentro strutture del circuito giudiziario (Cara e per 6 mesi carcere). E pur ristretto in questo circuito commette vari reati. Dal momento che fugge, si trasforma nel fantasma che riesploderà dal nulla impugnando un piccone.

Andrea Galli e Gianni Santucci

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