Chi è Cécile Kyenge, primo ministro di colore. Kyenge, 49enne congolese, ha militato nei Ds e nel Pd: ha già depositato una proposta di legge per riconoscere la cittadinanza ai nati in Italia di
Sergio Rame
Il neo ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, è nata a Kambove in Congo 49 anni fa ed è un medico oculista. Modenese, vive a Castelfranco dell’Emilia, ed è da tempo impegnata in politica, prima nei Ds, poi nel Partito democratico. Già responsabile regionale per l’immigrazione nel Pd, è consigliere provinciale a Modena, è stata eletta deputata lo scorso febbraio, sola parlamentare di colore della diciassettesima Legislatura alla Camera. Prima donna di origine africana a sedere in Parlamento Kyenge è sposata e madre di due figlie, è laureata in medicina e chirurgia, specializzata in oculistica. Nel 2004 è stata eletta in una circoscrizione del comune di Modena per i Ds, prima di divenire responsabile provinciale del Forum della Cooperazione Internazionale ed immigrazione. Dal settembre 2010 è portavoce nazionale della rete Primo Marzo per cui si occupa di promuovere i diritti degli immigrati e i diritti umani. Il primo marzo del 2010 il movimento ha organizzato una giornata di mobilitazione e sciopero indirizzata a far comprendere
"quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società e come sia importante che italiani vecchi e nuovi si impegnino insieme per difendere i diritti fondamentali della persona, combattere il razzismo e superare la contrapposizione tra 'noi e loro'". L’associazione chiede l’abrogazione della legge Bossi-Fini e del reato di clandestinità, l’abolizione del permesso di soggiorno a punti, la chiusura dei Cie e il passaggio dallo ius sanguinis allo di ius soli per il riconoscimento della cittadinanza. Tra i diversi impegni della Kyenge c'è la promozione e il coordinamento del progetto
"Afia" per la formazione di medici specialisti in Congo in collaborazione con l’Università di Lubumbashi. A marzo è stata una dei quattro firmatari - oltre a Pier Luigi Bersani, Khalid Chaouki e Roberto Speranza - della proposta di legge depositata alla Camera sul riconoscimento della cittadinanza agli immigrati, uno degli otto punti che lo stesso Bersani aveva proposto per il nuovo governo. La proposta di legge contempla il riconoscimento della cittadinanza per chi nasce in Italia da stranieri residenti da almeno cinque anni e della possibilità di richiederla anche per chi non è nato in Italia ma vi è cresciuto.
Vi presento l’onorevole Cécile Kyenge Kashetu ora ministro dell'integrazione di Luigi Riccio
Libera circolazione, una nuova legge sulla cittadinanza e l’abrogazione della Bossi-Fini. Con queste parole d’ordine è stata celebrata, il primo marzo, la quarta Giornata senza di noi. Molto è cambiato dalla prima edizione. Dalla clamorosa mobilitazione del 2010, il movimento è diventato più riflessivo: organizza eventi, convegni, produce documentari sul razzismo istituzionale. La “piazza” c’è ancora, ma l’idea dello sciopero ha perso centralità. Di tutto questo parliamo con Cécile Kyenge Kashetu, medico di origine congolese (Rdc), portavoce nazionale della Rete Primo Marzo e, da poco, neodeputata alla Camera per il Partito Democratico.
La Rete Primo Marzo ha celebrato la sua quarta Giornata senza di noi. Che bilancio fa di quest’esperienza? «Positivo. Noto una maggiore coscienza sulla tematica. È una questione che crea dibattito, coinvolgimento. C’è ancora tanta strada da fare. Ma l’idea di una società meticcia, senza distinzioni tra “noi” e “loro”, è sempre meno utopistica».
Il movimento è diffuso su tutta la Penisola, ma con il tempo è diventato meno visibile. Perché? «Lo “sciopero degli stranieri” è nato in un momento di grave crisi economica e questo successivamente ha influito. Ma adesso il Primo Marzo non è più solo mobilitazione. Lo troviamo nei circoli, nelle radio, nelle sale. È entrato nelle case».
Ha pesato, nel 2010, il mancato appoggio dei sindacati? «Un po’ sì. Il Primo Marzo era percepito come uno “sciopero etnico”, mentre noi chiedevamo una presa di coscienza più forte dei sindacati sulle tematiche del lavoro migrante. È stato difficile farci capire. Almeno per il primo anno. Poi lo scenario è cambiato».
In che modo? «Con lo sciopero di Nardò, appoggiato in primis dalla Cgil, contro il caporalato: una protesta contro lo sfruttamento e i diritti negati».
Adesso lei è anche neodeputata del Partito Democratico. Come si conciliano le due cose? «Non le vedo come separate. Fare politica per me significa stare in mezzo alla gente, tradurre le esigenze in progetti politici. Ed è anche la sfida più grande: non perdere il contatto con il territorio e la società civile».
Come ha cominciato ad appassionarsi alla tematica immigrazione? «Dalle difficoltà che ho vissuto sulla mia pelle. Ho iniziato a lavorare due anni dopo la laurea perché non potevo accedere ad un concorso pubblico. Alla mia storia, si sono sommate quelle di tanti immigrati che vedevo in difficoltà».
Come è avvenuto il salto in politica? «Ho cominciato in un consiglio di quartiere a Modena, grazie ad un’amica, che adesso è morta. Fu lei a farmi notare la vena politica».
Lei è la prima donna sub-sahariana in Parlamento: come ci si sente? «Una grande responsabilità. Ma non va visto come un successo personale: è il risultato di un progetto portato avanti, passo dopo passo, con il Forum Immigrazione del Pd».
Quali priorità porterà in Parlamento? «La riforma della legge sulla cittadinanza, come primo atto. E l’abrogazione della Bossi-Fini».
7 commenti:
certo che sono priorità per un 'Italia allo sfascio,
Proprio un ministro di cui avevamo tanto tanto bisogno. Prima c'era quell'idiota di riccardi (un ministero mai esistito prima ma il nuovo ordine mondiale lo ha preteso), ora c'abbiamo la congolese che avrà manforte dalla misericordiosa boldrini e dalla mondialista bonino. Speriamo che non duri... ma non ci credo.
Marco, concordo con te. Punto. Siamo all'alienazione, alla stupidità e alla coglioneria più completa. Ma chi la pensa come me è razzista e basta per certa società. E quella società è distruttiva.
ciao cara Eleonora, anch'io mi sono sorpresa per la scelta di questa negra e la penso perfettamente come Marco. sono soprattutto indignata perché mi risulta che i ragazzi extracomunitari, anche non nati qui in Italia, possono fare l'opzione a diciotto anni e scegliere cosa vogliono essere. E allora dove sta la necessità di farli diventare italiani in automatico?????? anche Balotelli, malgrado la sua scarsa intelligenza, a 18 anni ha fatto la sua scelta. Michela.
e continua il lavaggio del cervello:
http://www.ilgiornale.it/video/interni/spot-kyenge-litalia-immigrati-siano-risorsa-912759.html
Ho visto ora. Chissà se la signora in congo avrebbe avuto la possibilità di entrare in parlamento... o anzi, di avere i diritti più semplici. O cosa sarebbe successo se in congo, si fosse presentato alle elezioni un bianco occidentale per difendere i diritti degli immigrati bianchi...
Eh, Michela, non dirlo a me. Loro conoscono perfettamente le nostre leggi (che a dirla tutta, noi ignoriamo spesso) e dunque, sanno che possono o meno richiedere la cittadinanza dopo i 18 anni. La congolese vuole di fatto (e non solo lei) distruggere ciò che resta dell'italia in nome di quel che loro chiamano "bene comune"... ossia, il nuovo ordine mondiale.
Balotelli. Ah, si, quello scimmione che tutto è tranne che deve essere preso come esempio.
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