sabato 20 aprile 2013
Banche americane, soldi e piccole imprese...
Non sono bastati gli oltre 430 miliardi di dollari che il governo ha pompato nelle loro casse per salvarle dal fallimento. Le banche Usa si sono prese anche i soldi destinati alle piccole imprese in difficoltà. Quattro miliardi di dollari: nel 2011 il governo li ha trasferiti alle banche perché aiutassero le aziende con mutui e prestiti. Ma più della metà di quei fondi non è mai arrivata a destinazione: 137 banche salvate tra il 2008 e il 2009 hanno utilizzato 2,1 miliardi del programma Small Business Lending Fund per ripianare i loro debiti e restituire allo Stato i soldi ricevuti nel salvataggio. Lo dice un rapporto firmato da Christy Romero, ispettore generale del Troubled Asset Relief Program, messo a punto dal governo per evitare il crollo dei maggiori istituti di credito del paese.
Nuove polemiche all’orizzonte per l’amministrazione Obama, creatrice dello SBLF: dei 30 miliardi autorizzati, soltanto 4 sono stati spesi, per giunta male. E’ il 2010, la crisi nata dal crollo dei mutui subprime sta travolgendo il mondo e negli Usa sta stritolando le piccole industrie. Il 27 settembre Barack Obama firma lo Small Business Job Act, che stanzia 30 miliardi a tassi ultravantaggiosi in favore di 332 istituti con meno di 10 miliardi di dollari in asset (oltre 7.000 in tutto il paese) “per incoraggiare il credito – si legge sul sito del Dipartimento del Tesoro - stimolare le principali banche e le imprese a lavorare insieme, contribuire a creare posti di lavoro e promuovere la crescita”. Invece le banche hanno utilizzato quei fondi per aiutare se stesse. “La maggior parte del denaro – si legge nel rapporto della Romero – è andata alle banche salvate grazie al Troubled Asset Relief Program. Il Tesoro ha investito solo 4 dei 30 miliardi disponibili, due terzi dei quali (2,7 miliardi) sono andate a 137 banche coinvolte nel Tarp, che ne hanno usati 2,1 (l’80%) per pagare i loro debiti verso lo Stato”. Ovvero per restituire al governo i soldi ricevuti proprio grazie al Tarp, programma messo a punto nel settembre del 2008 da Henry Paulson, allora segretario al Tesoro, e Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, per arginare la crisi finanziaria scaturita dopo il fallimento di Lehman Brothers. Grazie al Tarp, il Tesoro ha comprato asset tossici, di cui le banche erano piene, per 430 miliardi di dollari, in cambio di partecipazioni sotto forma di azioni privilegiate e dell’impegno a restituire le somme ricevute. Risultato: crollo definitivo dell’economia evitato, compagnie salve, ma fortemente indebitate con il governo.
“Lo Sblf? Abbiamo tutti pensato che fosse un modo per restituite i soldi del Tarp – ha spiegato a Cnn Money Cliff McCauley, vicepresidente esecutivo della Frost Bank di San Antonio, in Texas – le banche stavano cercando disperatamente ogni modo per ripagare i debiti con il governo federale”. La stessa legge che ha creato il fondo speciale ha permesso alle banche di farlo. Gli istituti hanno fretta e il motivo è semplice: una volta restituito il prestito allo Stato, le corporation vedono cadere una lunga serie di vincoli e restrizioni: il Tarp prevede, ad esempio, che una volta che le banche hanno restituito il prestito possano ricominciare a far salire i bonus dei loro dirigenti. Così gli stipendi dei manager crescono, mentre le aziende restano al palo. La condizione principale per attingere allo Small Business Lending Fund era che le banche utilizzassero le risorse per finanziare le piccole imprese attraverso mutui e prestiti.
Ma il risultato, secondo la Romero, non è stato raggiunto: 24 degli istituti salvati non hanno aumentato di un dollaro i prestiti alle aziende. Le altre “li hanno aumentati di 1,13 dollari per ogni dollaro ricevuto dallo Stato”. I più virtuosi sono stati quelli che non hanno avuto bisogno di essere salvati, che hanno elargito in mutui 3,45 dollari per ogni dollaro prelevato dallo SBLF. Il Dipartimento del Tesoro contesta i dati del rapporto: secondo Don Graves, vicesegretario per le piccole imprese, i tre quarti delle banche uscite dal Tarp hanno aumentato i prestiti del 10%, che era l’obiettivo fissato dal Congresso. Ma i dubbi, secondo Bloomberg.com, restano. Il cortocircuito è evidente: i 30 miliardi stanziati dal Tesoro per lo Sblf sarebbero dovuti arrivare, spiega l’agenzia, proprio dalla restituzione dei fondi prestati alle banche con il Troubled Asset Relief Program. Cosa è successo invece? Per ripagare i propri debiti, le banche hanno utilizzato denaro che il governo aveva messo a disposizione delle imprese proprio grazie alla restituzione di quei debiti.
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