sabato 20 aprile 2013
Poca cosa...
Un'isola di goduria in mezzo alla palude. Dopo la paura, il sollievo: il Professore che ha rovinato l’Italia non è diventato presidente della Repubblica di Vittorio Feltri
Anche nei momenti peggiori della politica, succedono fatti che danno soddisfazione. La sonora trombatura di Romano Prodi è uno di questi. Dopo la paura, il sollievo: il Professore che ha rovinato l’Italia, trascinandola nel disastro dell’euro e nel tritacarne di una Ue burocratica e punitiva, non è diventato presidente della Repubblica, quindi non potrà più riprendere a creare problemi. Scampato pericolo. Quest’uomo,che si è attribuito meriti che in realtà sono demeriti, candidato al Quirinale dal partito di cui è stato cofondatore, il Pd, è riuscito nella difficile impresa di raccogliere oltre un centinaio di voti in meno di quanti, il giorno precedente, ne avesse presi Franco Marini, scelto quale papabile sia da Pier Luigi Bersani sia da Silvio Berlusconi. Marini non ce l’aveva fatta per due motivi: il quorum dei due terzi (troppo alto) fissato dalle regole per i primi tre scrutini e un poderoso numero di franchi tiratori che hanno impallinato l’ex sindacalista della Cisl. La bocciatura di Marini aveva poi consentito al Pd di presentare, senza accordi col Pdl, il personaggio che sulla carta godeva dei maggiori favori del centrosinistra: appunto Prodi. Che già pregustava la vittoria o quantomeno sperava in una performance che gli permettesse di sostenere, oggi, una prova d’appello. E invece, sorpresa, il Professor Sciagura è rimasto inchiodato sotto i 400 suffragi, una débâcle che lo elimina definitivamente dalla competizione. Stefano Rodotà, candidato dei grillini, e Anna Maria Cancellieri, candidata dei centristi montiani, hanno avuto molti più consensi del previsto, con tanti saluti all’ex premier ciclista.
Il significato politico di questa ulteriore disfatta è uno solo: Bersani ha fallito su tutti i fronti, ha sfasciato il partito, ha bruciato con un’operazione dissennata la sua icona, Prodi; inevitabili le dimissioni. Se inoltre si tiene conto che il segretario, ricevuto da Giorgio Napolitano l’incarico cosiddetto esplorativo, non ha combinato nulla e, a quasi due mesi dalle elezioni di febbraio, il Paese non ha ancora lo straccio di un governo, il quadro complessivo architettato da Bersani è talmente catastrofico da imporre un immediato avvicendamento alla guida dei progressisti. Intanto Berlusconi, che ieri ha preteso l’uscita dall’aula del Pdl affinché siastenesse dalla votazione, se la ride beatamente. Temeva l’ascesa al Colle di Prodi e ha raggiunto lo scopo di scongiurarla. Ma c’è un altro politico che se la ride, forse ancor di più del Cavaliere: Matteo Renzi. Il quale, boicottato alle primarie dall’apparato conservatore del Pd, addirittura escluso dalla pattuglia di grandi elettori, ha assistito alla batosta subita dal suo rivale Bersani, ormai fuori gioco. Nella sconfitta abbiamo la sensazione che non sia estranea la manina del sindaco di Firenze. Probabilmente l’astutissimo Renzi ora è l’unica risorsa del Pd. Nei prossimi giorni il mesto spettacolodella politica ci riserverà altre sorprese, mentre l’Italia, stavolta, rotola davvero verso il baratro. Una certezza c’è: a forza di dare addosso al rottamatore, accusandolo di voler distruggere il partito, il partito è stato rottamato da chi si illudeva di difenderlo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento