giovedì 18 ottobre 2012
Punti di vista
La formula della povertà di Davide Giacalone
No, quella che stiamo vivendo non è una nuova tangentopoli. Semmai il suo opposto. No, quello previsto dal governo nella legge di stabilità non è uno sgravio fiscale. Semmai un aggravio, con annessa violazione del patto fra cittadini e Stato. Leggo con preoccupazione le parole dei ministri della giustizia, Paola Severino, e dell’economia, Vittorio Grilli, perché dimostrano un forte deficit di visione e temo sfugga ai più il nesso che le lega. Sono due errori contenuti in un medesimo discorso. Cominciamo dal ministro Severino: la sola continuità, fra il 1992-1994 e i nostri tristi giorni, consiste nel fatto che la giustizia s’identifica con l’accusa, il giudizio con l’arresto, il giudice con il pubblico ministero. Continuità, quindi, nel peggiore vizio della malagiustizia.
Per il resto le diversità sono enormi, e le riassumo in punti, pregando di fare attenzione agli ultimi due (che ci riportano all’economia e al fisco):
a. nella prima Repubblica, al netto dei delinquenti (che ci sono sempre e sempre ci saranno), si finanziavano i partiti, mentre ora ci si finanzia, in privato e personalmente, con i soldi dei partiti e con l’influenza sulle società pubbliche;
b. venti anni fa crollò un sistema politico (colpevolmente indebolitosi) per mano di un doppio colpo a palazzo, portato da certa magistratura e dalla copertura offerta all’ex partito comunista, ora, invece, il sistema si sbriciola nel nulla;
c. allora fu determinante la fine della guerra fredda, mentre oggi pesa la fine della pari dignità e influenza dei singoli Paesi all’interno dell’Unione europea, due casi molto diversi di cambiamento dell’orizzonte internazionale;
d. allora furono dominanti gli interessi di chi puntava a depredare il patrimonio degli italiani, con privatizzazioni fatte come peggio non si poteva, mentre oggi si punta ai soldi dei pagatori di tasse, che finanziano con il loro sangue i bassi tassi d’interesse pagati da sistemi-paese nostri concorrenti, impoverendo il nostro. Sono cose assai diverse. Solo il moralismo, reso forte dall’assenza di giustizia, può giovarsi della confusione.
La ragione per cui abbiamo scritto che la legge di stabilità non contiene alcuno sgravio fiscale, in questo quadro, non ha nulla a che vedere con la faziosità o con il partito preso. Ha a che vedere, semmai, con l’aritmetica e con l’onesta intellettuale. Dice Grilli, come ha già detto Mario Monti: perché criticare un primo passo, per quanto limitato, verso l’alleggerimento fiscale? Perché è falso, giacché si tratta di un appesantimento. Non è una mera rimodulazione, che avrei salutato con piacere anche nel caso fosse stata a saldo zero, spostando il peso dai redditi ai consumi, questa è una più dura tassazione, mascherata da una falsa diminuzione delle aliquote. Grilli ha detto di rendersi conto (e vorrei vedere!) che la retroattività della norma viola lo statuto del contribuente, quindi il patto fra il cittadino e lo Stato, ma che, fatti i conti, senza quella violazione non ci sarebbero stati i soldi per finanziare un punto in meno nelle due aliquote più basse (che, come ha spiegato Luca Ricolfi, portano più risparmi ai ricchi che ai poveri). Peggio mi sento. E’ come dire: abbiamo violato le regole per potere permetterci di fare l’annuncio. Non riesco ad immaginare comportamento più intellettualmente disonesto. Il rispetto della legge subordinato alla convenienza politica, vale a dire la radice profonda di molti nostri mali. Oggi amorevolmente irrigata dal governo tecnico. Una gran brutta cosa.
Il tutto nel mentre accumuliamo altri 4 punti di debito (sul prodotto interno lordo) a causa dei soldi che paghiamo al fondo europeo per la salvezza degli altri Stati e cerchiamo di non pagare tassi ancora più alti affermando (temerariamente) che di aiuto non avremo mai bisogno. Tutto ciò perché restiamo la terza economia d’Europa, con quel che ciò comporta in termini di costi, ma senza quel che ciò dovrebbe portare in termini di peso politico. E come ieri ci facemmo derubare con operazione á la Telecom Italia (compartecipe la nostra imprenditoria e la nostra politica, quella dei capitani coraggiosi e dei loro sponsor), oggi lasciamo defluire ricchezza, con un debito pubblico che cresce anziché diminuire. Siamo talmente ricchi da finanziare chi ci vuole più poveri, nel mentre raccontiamo a noi stessi che non solo facciamo schifo, ma grazie al cielo c’è un governo di persone a modino che sta abbassando le tasse. E nessuno ha il coraggio di dirlo, perché ciascuno sa di avere colpe superiori. Ecco, questa è la formula magica con cui si trasforma la forza e la ricchezza in sudditanza e povertà.
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