mercoledì 23 giugno 2021

Sul ddl Zan

Sull’avanzamento del progresso…


Siamo arrivati a questo. Lo spartiacque tra luce e tenebra, progresso e regresso, civiltà e barbarie è il DDL Zan. Alessandro Zan, parlamentare PD e militante LGBT, ha l'onore e l'onere di avere dato il proprio nome a questa legge fondamentale. Il futuro dirà di lui, per il momento accontentiamoci del presente. Un presente derelitto in cui un disegno di legge marcatamente ideologico e lobbista frutto di una organizzazione che è una Chiesa a sè, con i suoi dogmi, le sue scomuniche, il suo clero variopinto (e implacabile è soprattutto nei confronti di quegli omosessuali, uomini o donne che non si allineano alle sue direttive), è stato abilmente trasformato in un vessillo di libertà. Se non verrà approvato, dicono i suoi sostenitori, Fedez, Elodie, Paola Turci, Vladimir Luxuria e altri pensosi intellettuali, l'Italia sprofonderà nel buio. Infatti, il DDL Zan fornirà, con il pretesto della difesa dei diritti umani e la lotta alle discriminazioni, una protezione impareggiabile a omosessuali, transgender, trans, e a coloro che, nonostante, l'inequivocabilità dei loro attributi sessuali e del loro aspetto fisico si percepiscono all'opposto di come appaiono. Lo farà facendo in modo che chi ritiene che l'eterosessualità è la norma e la famiglia naturale è quella composta da un uomo e una donna, non possa avanzare critiche o anche opposizione alle famiglie arcobaleno, all'acquisizione di figli da parte di coppie omosessuali tramite la maternità surrogata o la fecondazione eterologa, e altro ancora.


Non è vero che il DDL Zan, come dice il suo promulgatore e insieme a lui i suoi sostenitori, garantisca la liberà di opinione, che, diciamolo, non ha bisogno di Alessandro Zan per essere garantita, essendo già fermamente salvaguardata dall'Articolo 21. Basterebbe leggersi l'Articolo 4 del disegno di legge, il cosiddetto "salva idee" dove è scritto che "ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atto discriminatori o violenti". Tutto sta nella congiunzione "purchè". Come dice il detto, "il diavolo è nei dettagli". Come ha sottolineato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale,  "Non si può usare il concetto di 'idoneità' nella valutazione di un’idea, chissà quando, come e per quale finalità espressa, e trasformare quella idea in un reato penale". O meglio, sì, si può. Si può in un regime autoritario o totalitario, dove il pensiero è irrigimentato rigorosamente, e insieme ad esso, ovviamente il linguaggio. 


Non sono più i tempi, fortunatamente, dell'"amore che non osa dire il proprio nome" tempi che costarono a Oscar Wilde i lavori forzati, da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma non vorremmo che si inaugurassero i tempi in cui ci possano essere dei giudici i quali condannassero un cittadino per avere osato dire che l'omossesualità è una inclinazione statisticamente deviante rispetto all'eterosessualità o che affermi che l'unico matrimonio degno di questo nome è quello tra un maschio e una femmina. Se si dicesse con franchezza e limpidezza che questo disegno di legge è il frutto di una ben precisa ideologia, che ha trasformato l'omosessualità da inclinazione sessuale a strumento politico, si renderebbe solo un servizio alla verità. E se al posto di Fedez ci fosse Pier Paolo Pasolini, avremmo la certezza che vedrebbe in esso l'estensione omologante, coartante e fascistizzante di un brand. Purtroppo ogni epoca ha i testimonial che si merita. 


Niram Ferretti 

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