L'Onu finanzia i migranti per sistemarsi in Tunisia e molti di loro utilizzano i soldi per imbarcarsi sulle coste libiche verso l'Italia. Sembra assurdo, ma l'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) «aiuta», suo malgrado, l'arrivo dei clandestini sulle nostre coste. Lo ha rivelato un servizio del Tg2 andato in onda mercoledì sera sull'ex campo profughi di Choucha, che nel 2011 era stato allestito dall'Unhcr in Tunisia. A soli nove chilometri dal confine con la Libia di Ras Jadir accoglieva fino a 18mila profughi al giorno, in fuga dalla rivolta contro il colonnello Gheddafi bombardato dalla Nato. Lo scorso 30 giugno il campo è stato ufficialmente chiuso, anche se ci vivevano ancora circa 400 anime. A ben 262 era stata respinta la richiesta d'asilo, mentre 135 avevano lo status di rifugiato, ma nessuno li ha accolti. Per spingere i profughi rimasti dal 2011 ad integrarsi in Tunisia, le Nazioni Unite si sono inventate un programma che prevede corsi di lingua, formazione lavoro e un aiuto economico. In media 1000 dollari a testa, che possono raddoppiare in base alla composizione del nucleo familiare.
Il problema è che molti rifugiati o presunti tali, dopo aver intascato i soldi non hanno pensato nemmeno un attimo ad integrarsi e restare in Tunisia. Il piccolo gruzzolo è servito per tornare clandestinamente in Libia, attraverso la porosa frontiera nel deserto e raggiungere un punto di imbarco verso Lampedusa. Al Tg2 Samer Fahed, un palestinese di Gaza che vive ancora nel campo dismesso di Choucha, ha raccontato: «Almeno 150 rifugiati hanno preso i mille dollari e attraversato il deserto fino in Libia per imbarcarsi verso l'Italia». Il porto di partenza più vicino e noto, lungo la strada costiera, ad ovest di Tripoli, è Zuara. Un vero e proprio hub dei trafficanti di uomini, che fin dai tempi di Gheddafi imbarcavano clandestini provenienti pure dalla Tunisia. In queste ultime settimane i fatiscenti barconi trovano ad attenderli in mezzo al mare la flotta della Marina militare impegnata nell'operazione Mare nostrum. Uno slancio umanitario in soccorso dei migranti, anche se oltre la metà non ha diritto all'asilo politico e quindi a rimanere in Italia. L'aspetto paradossale è che almeno 150 siano riusciti ad imbarcarsi, negli ultimi mesi, grazie ai soldi ottenuti dall'Onu in Tunisia. Gli stessi attivisti dei diritti dei migranti, che hanno aperto un blog di protesta per i dimenticati del campo di Choucha, scrivono: «Alcuni di loro hanno firmato il modulo per l'integrazione in loco, ma utilizzato i soldi presi dall'Unhcr per pagare il passaggio clandestino sui barconi attraverso il Mediterraneo».
Nelle ultime 48 ore la Marina ha soccorso in mare e trasferito in Sicilia 317 migranti in gran parte di origine subsahariana, che rincorrono il fittizio Eldorado occidentale soprattutto per motivi economici. Non solo: un gruppo di profughi siriani ha denunciato il furto dei loro averi, compresi gioielli, a bordo delle nostre navi militari. La Marina annuncia che sono state aperte tre inchieste e ricorda che nell'operazione di trasbordo dei migranti l'ordine è effettuare «un accurato controllo operato dal team brigata Marina San Marco e dal personale femminile di bordo, avendo cura di restituire gli effetti indossati e ritenuti non pericolosi agli interessati senza operare nessuna sottrazione». Se la denuncia fosse vera sarebbe un'ignominia per un'operazione umanitaria. Se i siriani mentissero, andrebbero rispediti a casa a pedate. Ambedue le ipotesi aggiungono ulteriori punti di domanda su Mare nostrum. Soprattutto tenendo conto che dovrebbe essere la Libia ad intervenire contro l'ondata umana diretta in Europa. Mercoledì notte, per la prima volta dall'inizio di Mare nostrum, la guardia costiera di Tripoli ha tratto in salvo un barcone con 84 migranti bloccato al largo da un guasto. Tutte le persone a bordo sono state riportate in Libia nel porto di Zawia. Ieri il premier libico Alì Zeidan ha annunciato l'avvio di un sistema elettronico di controllo dei confini con l'aiuto del know-how italiano, sia dal punto di vista tecnico che operativo. Un contratto della Selex Es del gruppo Finmeccanica chiuso ancora con Gheddafi, ma bloccato dalla rivolta. Radar e sensori controlleranno la frontiera meridionale compresa quella con l'Algeria e la Tunisia per intercettare i clandestini, oltre che terroristi e traffici di droga o armi.
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