sabato 9 giugno 2012
Punti di vista
La lenta fine del governo Monti di Stefano Filippi
Grande notizia: Mario Monti prova qualche sentimento. Uno solo, per il momento: il nervosismo. Abituati alla monotonia della sua voce, immutabile quando parla agli squali della finanza come agli sfollati del terremoto, siamo colpiti nel vederlo in videoconferenza stirare la bocca in un’espressione infastidita. È nervoso per avere perduto il sostegno dei poteri forti. Nell’ordine: il Corriere della Sera e Confindustria. Il Corriere ha ospitato per anni gli articoli del Professore che spiegava alla serva Italia come uscire dalla crisi, mentre adesso preferisce le scudisciate di economisti come Alesina e Giavazzi: Monti aveva tentato di neutralizzarli cooptando uno di loro come consulente del governo, una sorta di «ministri ombra» assieme a Enrico Bondi e Giuliano Amato. Tentativo velleitario, privo di effetti, che già denotava una forte difficoltà.
Confindustria doveva essere il grande alleato per dare la spallata al sistema irriformabile: pensioni, welfare, lavoro, fisco. Un alleato naturale, visto che Monti è il numero uno della Bocconi, la fucina che dovrebbe forgiare il nostro mondo imprenditoriale. In realtà, questa alleanza è tutt’altro che scontata. La Bocconi non forma imprenditori, ma esperti di finanza, e la finanza – non l’economia reale – è l’orizzonte del premier. Monti è l’uomo della finanza, delle banche, non della produzione, della manifattura, degli scambi reali di beni. Pensare di avere Confindustria a fianco soltanto in virtù di una contiguità lobbistica è stata una grande ingenuità, e il nodo è venuto al pettine. Le imprese hanno visto svanire anche il decreto sviluppo, e ci si chiede che cosa ci stia a fare al governo un ministro allo Sviluppo (e che tra l’altro viene proprio dal mondo bancario).
Ora Monti è l’ennesimo premier della storia d’Italia che tira a campare. La sua prospettiva è arrivare a ottobre, all’apertura del semestre bianco quando le Camere non possono più essere sciolte, e attendere che il prossimo Parlamento – verosimilmente a maggioranza di centrosinistra – lo elegga successore di Napolitano come «presidente di garanzia». Monti ha fallito. Lo spread è a livelli «berlusconiani». Il Paese è stremato. Le previsioni sul bilancio pubblico sono sballate. La lotta all’evasione una chimera. La Rai non si tocca, al pari dell’assetto istituzionale, del sistema elettorale, del finanziamento ai partiti. Nelle prime settimane a Palazzo Chigi, Monti batteva i pugni sul tavolo, diceva «il premier sono io» e distribuiva tasse, tagli alle pensioni, recessione mettendo in riga ministri e partiti. Ora non lo fa più e il governo è diventato un campo di battaglia dove i ministri litigano un giorno sì e l’altro pure. Monti è nervoso. Il Paese lo è da tempo.
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Sbagliato, signor Filippi. Il governo Monti NON ha fallito il suo compito. Il suo compito non era di risollevare l'italia ma di affondarla più velocemente per regalarla poi al miglior offerente. Infondo è stato chiamato proprio per questo.
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1 commenti:
Già....sta portando a termine il compito affidatogli dai suoi padroni...tutti bravi delinquenti.
Il fallimento é per noi...
Non si spiegherebbe infatti che,con mezzo mondo contro alle sue misure,questo burattino continui imperterrito nella sua strada di demolizione di una nazione.
L'errore di molta stampa e di crederlo un incapace (oddi,un po' demente lo é pure...),invece dello sguattero degli strozzini internazionali.
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