domenica 10 giugno 2012
Incartati fino al 2013
Ko tecnico di Davide Giacalone
Dicono che cresce la voglia di elezioni a ottobre, a me pare che cresca l’incapacità di credere che, in queste condizioni, si possa tirare a campare ancora un anno. Si sono incartati e non sanno come uscirne. Manifestano la loro paura sotto forma d’arroganza. Vale per il governo come anche per le forze politiche maggiori, il che innesca uno scontro fra gruppi che saranno comunque chiamati a convivere e collaborare, mentre ora inscenano una falsa rissa, al solo scopo di allontanare da sé le nerbate qualunquistiche e protestatarie con le quali viene flagellato il loro elettorato. Poi si ritrovano in accordi spartitori, colonizzando autorità che offrono garanzia solo a quelli che ne campano. Non si accorgono, i tapini, che così procedendo di nerbate ne meritano e se ne aggiudicano il doppio. Il governo è in stato confusionale. I tecnici sono in ko tecnico. Nel mentre la pressione fiscale cresce il gettito fiscale scende sotto le previsioni. E’ la dimostrazione che il corpo non reagisce, che la terapia è sbagliata. Ed è un errore tecnico, che giustifica il licenziamento in tronco dei presunti tecnici. Guardate quel che succede con l’Imu: tutti sappiamo di doverla pagare, molti non sanno dove prendere i soldi, quasi nessuno sa come e quanto, in compenso sappiamo che la prima rata è a giorni e la seconda entro la fine dell’anno. Di fronte a questo terrorismo, innescato dall’incapacità tecnica, quale credete che possa essere la reazione più consueta? Aspetto a spendere e tengo i soldi da parte. Così i geni che hanno aumentato l’iva constatano che il gettito di quell’imposta diminuisce. Cosa rispondono? Aumento delle tasse e lotta all’evasione (in omaggio al velenosissimo moralismo fiscale). In condizioni normali sarebbero restituiti alle loro università, non a caso sprofondate sotto il centesimo posto nella classifica mondiale della qualità.
Ma le forze politiche maggiori hanno paura delle elezioni. Il centro destra non sa neanche come presentarsi, avendo maturato la convinzione d’essere complessivamente impresentabile. Il centro sinistra è un caleidoscopio impazzito: se si presenta aggregato vince, ma il Pd viene polverizzato; se si presenta disaggregato perde sicurezza, acquisendo solo la certezza che al Senato non ci sarà alcuna maggioranza. Da novembre andiamo ripetendo che il tempo del governo Monti doveva essere occupato stringendo un accordo riformatore, ma è stato sprecato in tatticismi autodistruttivi. Prima si sono attese le amministrative, il cui esisto era scontato e, difatti, qui annunciato. Dopo quelle, la disperazione. Alfano e Berlusconi dovrebbero sapere che annunciare in quel modo la scelta per il sistema francese serve a segnare una posizione, non a costruire una politica. Bersani dovrebbe sapere che rispondere chiedendo il doppio turno, ma rifiutando il sistema istituzionale connesso, serve solo a non fare un accidente (Letta ha ragione sul patto costituente, ma serve che la direzione Pd di oggi dica sì al modello francese, senza escluderne pezzi). Il presidente della Repubblica sa benissimo che mettendo i piedi in questo piatto ne fa schizzare e sprecare il contenuto. Questi signori giocano una partita che non ha nulla a che vedere con il futuro.
Riassumendo: non c’è governo della crisi, non ci sono riforme istituzionali e non si cambia nemmeno il sistema elettorale. Bingo. I benpensanti, prima di condannare la politica economica del governo, dicono: grazie a Monti, però, l’Italia ha riconquistato un ruolo internazionale. Sembra il ritorno della “grande proletaria”, di pascoliana e libica memoria. Ma da cosa lo intuiscono? Quando David Cameron sostenne che il fiscal compact era da considerarsi al pari della corazzata Potemkin lo si è lasciato da solo, neanche cogliendo la novità storica: un inglese che propone maggiore integrazione. Quando il lussemburghese Jean-Claude Juncker s’è dimesso da presidente dell’eurogruppo, protestando contro la folle dottrina cui la Germania aveva (allora) piegato la Francia, non s’è sentito un fiato, laddove avrei urlato solidarietà. Neanche si usano le parole dei migliori statisti tedeschi (che noi segnaliamo dall’estate scorsa), per contrastare una politica che distruggerà l’Europa. S’è atteso che i socialisti vincessero le presidenziali francesi per accorgersi che si poteva anche manifestare dissenso. Ruolo ficcante e astuto, non c’è che dire. E allora? Le regole vorrebbero che si fosse già votato, o, almeno, che ci si andasse. Ma l’uomo del Colle non vuole, per concludere il settennato assieme al resto del sistema. Gli omarini che stanno sotto al Colle ne hanno paura, tirando a campare qualche settimana in più. Mentre i descamisados del “vaffa” godono nel vedere tanta brava gente, moderata, pensare: piuttosto che questi incapaci voto per chi ce li manda. E pensare che si sa con esattezza cosa è necessario fare e come far ripartire l’Italia (che è forte, ricca, capace), e si sa a quali componenti sociali e politiche tocca farlo. Ma non ci si riesce, perché ai morti rode che i vivi vivano.
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