mercoledì 6 giugno 2012
Colpa del terremoto...
Bisogna fare molta attenzione, perché il discorso è fatto apposta per disorientare. «Mi auguro che sia naturalmente possibile ridurre la pressione fiscale nel nostro Paese», dice il ministro Piero Giarda. Quindi, par di capire che qualche spiraglio c’è. Tuttavia, «le condizioni nelle quali stiamo vivendo adesso e le decisioni di aumento tasse già assunte nel passato che vengono in attuazione in autunno e le conseguenze degli eventi calamitosi che hanno colpito danno agli impegni del governo una difficoltà maggiore di quella ipotizzata». Testuale. Il titolare dei Rapporti con il Parlamento non ha il dono della chiarezza.
Rimediamo noi. Egli intendeva dire che il governo non ha intenzioni di abbassare le tasse, anzi in ottobre alzerà l’Iva come previsto, e la colpa di tutto questo è del terremoto emiliano, nuovo capro espiatorio dell’ennesima spremitura fiscale decisa dal governo. Non contento di una revisione della spesa statale ridicola (i professori la chiamano «spending review»), Giarda si vergogna di dire che torchierà ancora i contribuenti. E scarica ogni responsabilità. C’è il terremoto. Ci sono i vecchi governi e i vecchi parlamenti: «L’andamento di oggi è determinato da decisioni assunte in passato». Ci sono quei cattivoni degli enti locali, Comuni, Province, Regioni: «Soltanto il 40 per cento delle loro spese è finanziato attraverso risorse proprie». Al resto ci pensa Roma. Cioè tutti noi. Tasse, tasse, ancora tasse. Il governo conosce un solo modo per entrare nella vita del Paese. I professori, che ignorano con quanta fatica tira avanti tanta gente, dovrebbero comunque conoscere il linguaggio dei numeri. Ma presi dalla furia dissanguatrice sembrano averlo dimenticato. Perché i numeri parlano chiaro: l’eccesso di prelievo fiscale allontana la crescita, addirittura più salgono le aliquote meno soldi entrano nelle casse dello stato.
Il meccanismo economico è semplice: l’aumento dell’Iva, che ha già subito un primo ritocco, induce i contribuenti a spendere meno, e la contrazione dei consumi supera l’appesantimento dell’imposizione. Le entrate fiscali sono rimaste «al di sotto delle previsioni, penalizzate dalla mancata ripresa dell’economia»: lo ha detto ieri il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, presentando il Rapporto sulla finanza pubblica a fianco di Giarda. «Il fenomeno - ha aggiunto - non è occasionale ed è destinato a protrarsi per alcuni anni». Viceversa cresce l’allarme per l’evasione fiscale: «In un anno sono stati persi 46 miliardi solo di Irap e Iva», avverte la Corte dei conti. Sempre ieri, il ministero dell’Economia (guidato dal premier Mario Monti) ha rivelato che alle entrate tributarie mancano 3 miliardi 477 milioni di euro (meno 2,9 per cento) rispetto alle previsioni contenute nel Documento di economia e finanza (Def) per il periodo gennaio-aprile 2012. Di questo ammanco, la voce di gran lunga maggiore è data proprio dall’Iva. Minore delle aspettative anche il gettito dall’evasione fiscale. Volano viceversa le imposte di bollo (più 180 per cento) dovute ai nuovi prelievi su conti correnti bancari, strumenti di pagamento, titoli, prodotti finanziari e il versamento anticipato dell’acconto sull’imposta di bollo. In sostanza, dove non ne può fare a meno (imposta di bollo) la gente è costretta a pagare, mentre dove può cerca di risparmiare, riduce i consumi e quindi anche il gettito Iva. Le controindicazioni di tale ripetuto rincaro sono state messe in evidenza anche dalla Corte dei conti: l’aumento «a tempo» delle aliquote Iva «è potenzialmente gravido di controindicazioni sul piano economico e sociale». Per abbattere il debito sarebbe più opportuno privatizzare «quote importanti del patrimonio oggi in mano pubblica», mentre il federalismo fiscale «costituisce la principale novità per un miglior governo delle risorse collettive».
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