Per gli adempimenti dei cittadini non c’è storia, rinvio o proroga che tenga. Quando si tratta dei partiti si mobilita addirittura il governo. Tra le mille proroghe dell’omonimo decreto in scadenza al primo marzo in Senato, c’è anche una gentil concessione dei partiti a se stessi sul fronte del finanziamento e delle donazioni private. Se ne fanno carico Matteo Renzi e il ministro Piercarlo Padoan che al testo licenziato alla Camera aggiungono un comma “12-quater” all’articolo uno, quello che dà l’avvio alle mille proroghe. Si scopre così che il governo non ha solo allungato di quattro mesi gli sfratti esecutivi. E non ha congelato solo l’aumento dei contributi per gli autonomi iscritti alla gestione separata Inps. Ha anche dato un “aiutino” ai partiti.
Il comma, quattromila parole in perfetto burocratese, parte da una piccola concessione e in un crescendo arriva al colpo grosso: una sanatoria per i partiti che non risultano in regola con le previsioni di legge in materia di trasparenza e con i requisiti per l’ammissione alle donazioni. Andiamo con ordine. Il primo capoverso guarda al passato. Stabilisce che, visti i tempi di piena funzionalità della Commissione di garanzia – quella che controlla statuti, trasparenza e conti dei partiti – “i termini relativi al procedimento di controllo di tali rendiconti relativi all’esercizio 2013 sono prorogati di due mesi”. Sessanta giorni in più rispetto alla scadenza del 15 febbraio, data entro cui la Commissione era chiamata a emanare una relazione sulla conformità della documentazione depositata, sulle spese effettivamente sostenute e sulle entrate percepite nell’anno precedente. Slitta, di conseguenza, anche il termine fissato al 31 marzo in cui i partiti erano chiamati a sanare eventuali irregolarità. E pure il termine, che nella legge era fissato al 30 aprile, entro il quale la Commissione approva la relazione di conformità e la trasmette ai presidenti di Camera e Senato che “ne curano la pubblicazione sui siti internet delle rispettive assemblee”. Così, eventuali guai che dovessero venir fuori si apprenderanno ben oltre i termini, salvo ulteriori dilazioni. Non solo.
Al secondo comma il testo stabilisce che il termine per la presentazione delle richieste di accesso, per l’anno 2015, alle detrazioni di cui agli articoli 11 e 12 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, e successive modificazioni, “è prorogato al 31 gennaio 2015”. E di che cosa si tratta? Delle detrazioni per le “erogazioni liberali in favore dei partiti” e della “destinazione volontaria del 2 per mille dell’imposta sul reddito” che ha debuttato nel 2014. Evidentemente, qualcuno era in ritardo con i termini. Il ritardo è però sanato, il favore prontamente servito: i partiti potranno incassare le somme anche se la loro posizione non è in regola con i requisiti di legge.
Possibile? Sì, recita il testo: “Hanno accesso ai benefìci medesimi anche qualora non risultino iscritti nel registro di cui all’articolo 4 del citato decreto-legge n. 149 del 2013 alla data del 31 gennaio 2015”. Inutile, dunque, la corsa a regolarizzarsi. La terza proroga è servita, ed ecco la quarta: la deroga vale fino al 31 dicembre 2015. E la domanda è d’obbligo: a che cosa mai servono le “misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei partiti”, il relativo “registro” e la speciale commissione in Parlamento? Visto lo scarso valore che gli viene tributato dal governo e dai partiti a poco nulla. La contribuzione volontaria, del resto, ha scontentato tutti: nel 2014 sono stati solo 16.518 gli italiani che hanno devoluto il 2 per mille ai partiti. Non a caso in Parlamento, nel frattempo, sono fioccate numerose proposte di legge per tornare al vecchio ne caro finanziamento pubblico. Nell’attesa, ecco servita la proroga per chi ha problemi con l’incasso.
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