lunedì 31 maggio 2021

Giovanni Brusca libero

Mi chiedo, che giustizia e quella che dopo 25 anni rimanda a piede libero un mafioso, un assassino di altri mafiosi, di poliziotti, di giudici, di uomini innocenti , perfino di bambini? Giovanni Brusca ha sciolto nell’acido il figlio di un pentito, Santino Di Matteo, lo ha ucciso per convincere il padre a ritrattare, e’ l’uomo che ha premuto il bottone del telecomando di Capaci. I poliziotti gli hanno dato la caccia per anni, hanno sacrificato le loro famiglie, le loro vacanze per stringergli le manette ai polsi. Io c’ero, ho conosciuto molti di quei ragazzi, ho visto i loro sacrifici e la loro gioia per avere catturato un macellaio. Cosa dirà oggi loro la magistratura? Cosa dirà lai parenti di Falcone e a quelli degli uomini di scorta morti in nome di qualcosa in cui hanno creduto e per il quale sono morti, lo Stato? Gli dirà che abbiamo scherzato, che 25 anni sono bastati a Brusca per cancellare i suoi errori e i suoi orrori?  Siamo vaccinati ormai al non stupirci più di nulla. E’ difficile non indignarsi davanti a una decisione come questa. Ci hanno insegnato che le sentenze si rispettano. E sarà così anche questa volta. Ma lo Stato ha pagato un tributo di sangue altissimo in questi 25 anni e forse questa volta ,non può girarsi dall’altra parte mentre  Giovanni Brusca riconquista la libertà. Lo deve ai suoi martiri.  


Giovanni Brusca, 64 anni, fedelissimo del capo dei capi di Cosa Nostra, Totò Rina, nonché tra i responsabili della strage di Capaci (dove morì il giudice Giovanni Falcone) e del barbaro assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, ha lasciato il carcere di Rebibbia, a Roma, dopo 25 anni di detenzione. Sarà sottoposto a controlli e protezione ed a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d’Appello di Milano. 


Collaboratore: Brusca, dopo gli anni di sangue, è stato un collaboratore di giustizia. Durissima la prima reazione, quella di Tina Montinaro, vedova del caposcorta di Falcone, ucciso nella strage di Capaci: «Sono indignata — ha detto all'agenzia AdnKronos — Dopo 29 anni non conosciamo la verità sulla strage e Brusca è libero». 


L’arresto: Brusca, latitante, fu arrestato a Cannatello, una frazione di Agrigento, il 20 maggio 1996 grazie a una rocambolesca operazione delle forze dell’Ordine. Erano da poco passate le 21 quando, davanti a un villino così vicino al mare da poter sentire lo iodio sfreccia una moto rumorosa: è il segnale. Gli uomini della Squadra mobile di Palermo, pronti a fare l’irruzione, captano lo stesso rumore mentre lo intercettano al telefono. La sua cattura è stata preparata a lungo, a partire dal ritrovamento di un’agenda con codici e numeri di telefono, a cui seguono indagini serrate, intercettazioni, appostamenti e l’obbligo di massima segretezza. Lui, un gradino sotto il capo dei capi di Cosa Nostra, viene colto di sorpresa e prova una fuga disperata dal retro. Inutile. Gli uomini della catturandi lo ammanettano e a tutta velocità lo trasferiscono in Questura a Palermo. Brusca non proferirà una parola lungo tutto il viaggio. Neanche quando passano sotto casa di Falcone. L’euforia degli agenti che arrivano a Palermo dopo l’arresto viene proiettata nelle televisioni di tutto il mondo: i mitra alzati, le urla di gioia, le sirene e i clacson che suonano all’impazzata. Lui responsabile della morte di tanti poliziotti era finalmente stato assicurato alla giustizia. Intanto, nel covo i poliziotti troveranno i giochi del figlio, biglietti e bloc notes con annotati i numeri delle estorsioni e del traffico di droga che Brusca continuava a controllare da lontano, coperto dalla mafia agrigentina.


Salvo Sottile

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