In Germania il lavoro c'è, in Italia no. Matteo Renzi può fare tutte le alchimie del mondo per far tornare i conti, ma c'è un dato incontrovertibile che dimostra l'inonsistenza della ripresa italiana: la disoccupazione. Mentre nel Paese di Angela Merkel il tasso di dicembre è sceso al 6,5% col numero record di senza lavoro che cala di altre 27mila unità contro le cinquemila attese dagli economisti, il tasso di disoccupazione in Italia è salito al 13,4% a novembre, con un aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,9 punti nei dodici mesi. Con l’Istat che, giustamente, sottolinea che si tratta del nuovo record dall'inizio delle serie storiche.
Superata, surclassata, stracciata. Peccato che l'Italia di Renzi faccia meglio della Germania della Merkel solo nel mercato del lavoro che non c'è. "Le riforme istituzionali sono riforme per la crescita", assicura in un'intervista alla Stampa il consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, secondo cui gli effetti delle misure messe in campo si vedranno "già dall’inizio dell’anno". In realtà, in barba alle tante riforme promesse dal governo, il sistema Italia è ancora incartato e difficilmente riuscirà a rialzare la testa se non riparte il mercato del lavoro. Nel report dell'Istat sullo scorso novembre, infatti, il numero di disoccupati ha toccato quota 3 milioni 457mila, con un aumento dell'1,2% rispetto al mese precedente (+40mila) e dell’8,3% su base annua (+264mila). Ancora una volta a preoccupare maggiormente è il dato sull'universo giovanile: il tasso di disoccupazione tra i 15-24enni tocca il nuovo record storico del 43,9%, con un aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti nel confronto tendenziale.
Parlando delle riforme da fare il vicepresidente della Commissione Ue Jirky Katainen ha sottolineato che quella del lavoro è necessaria non solo perché "in alcuni paesi c’è un gap di competitività", ma anche perché "un mercato del lavoro rigido è crudele con chi il lavoro non lo ha". Però quella del lavoro è una riforma da fare con molta attenzione perché "non si deve favorire il dumping sociale" e, quindi, si deve "aver cura di non far perdere il senso di sicurezza quando il mercato del lavoro diventa più dinamico". Il liberale finlandese è arrivato a minacciare addirittura sanzioni per quei Paesi che non dovessero avviare questa riforma. L'Italia, intanto, si tiene il Jobs Act. Che nelle prossime settimane approderà in parlamento. Renzi ci ha messo la faccia, ma c'è il rischio più che concreto di non riuscire a invertire il drammatico crollo dell'occupazione. Intanto la Merkel e i tedeschi se la ridono.
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