Giunti all'ultimo giorno, il Pd serra i ranghi e scendono in campo anche i veterani per combattere l'ultima, incerta battaglia. C'è Matteo Renzi, che sa di giocarsi domenica buona parte del suo futuro da premier, che convoca una conferenza stampa a Palazzo Chigi per mettere sul piatto (tramite immancabili slide) i risultati del governo e che ammette: «Devo fare autocritica, non siamo riusciti a far passare il messaggio delle cose realizzate. C'è stata una grande abilità di alcuni leader nel cancellare anche le riforme fatte». Secondo Renzi, «i provvedimenti assunti fino ad ora dal governo non sono ancora sufficienti a cambiare verso ma è difficile trovare altri governi che in 80 giorni hanno realizzato risultati così concreti e questo è per noi un elemento di stimolo».
C'è Walter Veltroni che gira per il Nordest per dare una mano ai candidati Pd alle Europee e che spiega a Huffington Post: «Sono l'unico recordman che si augura di essere battuto. Spero che domenica il Pd vada oltre il risultato del 2008». Oltre quel 34% che proprio lui, allora segretario del Pd e candidato premier, riuscì a sfiorare - nonostante il grave handicap dell'ultimo, tragicomico governo Prodi appena caduto - e che da allora è rimasto il sogno irraggiungibile dei suoi successori. Veltroni sponsorizza generosamente Renzi («Ha fatto tutto quello che doveva e poteva fare, in questa campagna elettorale. Mi auguro un ottimo risultato») e la candidata Alessandra Moretti, capolista a rischio bocciatura perché l'Emilia del suo primo talent scout, Pier Luigi Bersani, le ha chiuso le porte.
E c'è Massimo D'Alema, che denuncia inquietanti scenari speculativi e manovre finanziarie dietro il gran battage pubblicitario su Grillo e la mirabolante avanzata delle sue truppe, date da alcuni rilevamenti alla pari, se non addirittura in testa sul Pd. «Queste voci hanno fatto balzare verso l'alto lo spread - spiega - e quindi poi chi le ha diffuse ha comprato titoli a maggior rendimento bisogna stare molto attenti alle voci che vengono messe in giro». Il partito dell'ex comico, ricorda, «era già il primo partito alle Politiche del 2013, ma tutto questo è stato rimosso e quindi si è inventato che siamo di fronte alla ascesa del Movimento 5 Stelle. Invece questa volta Grillo sarà secondo».
Comunque vada, assicura Renzi da Roma, il governo «andrà avanti», la coalizione che lo sostiene (e che pure è anomala, ricorda, visto che i partiti che la compongono appartengono a tre diverse famiglie europee: Pse, Ppe e Alde) «rimarrà quella attuale» e soprattutto «le riforme andranno avanti comunque: non arretro di mezzo centimetro». Giovedì sera la manifestazione di chiusura della campagna elettorale ha lasciato un po' di amaro in bocca: Piazza del Popolo era meno affollata che in altre occasioni (colpa anche di «un Pd romano diviso in gang che si fanno la guerra con ogni mezzo, e che Renzi dovrebbe affrettarsi ad asfaltare», spiega un dirigente Pd) e la manifestazione è stata disturbata da un manipolo di attivisti dei centri sociali armati di bandiere No Tav (e non solo, visto che è stato sequestrato dalla Digos anche un pugnale) che hanno provocato tafferugli e scontri anche fisici con il servizio d'ordine Pd. Risultato: quaranta fermati dalla polizia. Ieri sera, chiudendo il suo tour de force prima del sabato di silenzio elettorale, il premier è tornato là da dove era partito, nella sua Firenze. Proprio dove Grillo ha evocato il fantasma di Berlinguer, ergendosene a presunto erede, per tentare di costringere il candidato successore di Renzi, Dario Nardella, alla beffa del ballottaggio.
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