Il cardinale Angelo Scola dice sì alla moschea. E anche al minareto. «Non farei grandi problemi per i minareti. Certo, purché non me lo facciano in piazza del Duomo...» sorride alla domanda dei giornalisti che lo interrogano all’Università Cattolica. Un’osservazione di buon senso legata al «rispetto della storia e della tradizione del Paese». I problemi sono altri, per esempio «chi sta dietro la moschea» e «quale lingua debba praticare l’imam». Predicatori che parlino italiano, insomma, o tradotti in italiano, perché è noto quali prediche inneggianti alla guerra santa siano partite da pulpiti milanesi in lingua araba. Ai cronisti l’arcivescovo tiene anche una piccola lezione di dottrina della Chiesa sull’accoglienza e il dialogo con le altre religioni. «La libertà di culto non è tale finché non ci sono luoghi di culto». E ancora: «La fede cattolica non ha nessuna difficoltà a dialogare con le grandi religioni, perché il dialogo interreligioso è una dimensione della fede». Fino a un’indicazione molto pratica: «Il dialogo interreligioso non è sedersi intorno al tavolo ma accogliere con apertura i musulmani che sono qui».
Ciò non significa che sia tutto rose e fiori. E che si possa autorizzare chiunque a costruire moschee e innalzare minareti. O far finta di non vedere i problemi di sicurezza, di cultura e anche di reale integrazione legati a una nuova moschea. «Vedere, prima di tutto, chi sta dietro, chi domanda la moschea e a quale condizioni la domanda - dice l’arcivescovo - . È una comunità reale, effettiva, unita, oppure è un intervento dall’esterno a opera di Paesi? Questa è una prima questione». Non è l’unica. «Le istituzioni devono avere la garanzia circa l’uso di questo luogo,per esempio quale lingua debba praticare l’imam, che cosa vuol dire fare iniziative culturali, come è tradizione presso la moschea. Sono tutti problemi che le autorità costituite devono affrontare con accuratezza». Se la moschea si trasformasse in un centro di iniziative politiche e economiche, non sarebbe più solo luogo di culto e si porrebbero questioni di opportunità serie. Che cosa succederebbe se la moschea diventasse un centro da cui partono collette per finanziare movimenti politici che possono essere anche violenti?
Un problema di attualità in un momento in cui il Comune pensa di concedere un’area pubblica al Caim, che ha al suo interno comunità come viale Jenner. Giova ricordare che uno degli imam di viale Jenner è stato condannato per terrorismo e espulso l’estate scorsa dall’Italia. Concreto il rischio di fondi in arrivo da Paesi arabi che finanziano l’estremismo. Lo stesso leader del Caim, Davide Piccardo, sponsorizza manifestazioni di sostegno ai Fratelli musulmani, sui quali il premier inglese, David Cameron, ha appena aperto un’inchiesta per sospetto terrorismo. Reazioni. Se Riccardo De Corato invita «a non strumentalizzare le parole dell’arcivescovo», la Lega polemizza. «Se dice sì al minareto, allora lo deve accettare in Arcivescovado» dice il capogruppo in consiglio comunale, Alessandro Morelli.
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