giovedì 24 settembre 2009

Manichini e imbecilli

Treviso, una cliente protesta: "Mi mette a disagio non vederela gente in faccia". Il direttore: suo diritto. Sindaco: caso isolato. "Il burqa che indossa mi fa pauravia quella donna dal supermarket"

PIEVE DI SOLIGO (Treviso) - "E vedo questa persona, dico persona perché nemmeno so se era una donna o un uomo. E mi inquieta, mi inquieta parecchio, mi fa anche un po' paura".
Un fantasma al supermercato Bennet, un fantasma col carrello della spesa. La signora Marisa, casalinga, protesta. Si appella alla legge che vieta di girare in pubblico col viso coperto. Chiede che si intervenga. Che si chiamino i carabinieri. Che qualcuno scopra il volto a quella "persona". Non interviene nessuno, nessuno "ha disposizioni". La signora Marisa se ne va, con lei esce quella "persona", non si parlano. Un nuovo caso a pochi giorni dalla protesta assai più movimentata di Daniela Santanché a Milano. Caso anche raro, se è vero quel che dice il sindaco Fabio Sforza: "Mai visto una donna col burqa da queste parti, dove pure di islamici ce ne sono parecchi". Eppure succede, se ne discute, succederà di nuovo. Diciamo un episodio senza schiamazzi, niente a che vedere con quella volta che - qualche anno fa - il sindaco-sceriffo di Treviso Gentilini dichiarò una guerra personale alle donne velate. Ma è proprio la cornice modesta, domestica, di una spesa al supermercato a far drizzare le antenne. Il "disagio" davanti a una persona che non si lascia vedere, addirittura la paura. Paura di un fantasma sconosciuto. Razzismo? Il solo a pronunciare la parola è Sandro Michelet, direttore del supermercato, che all'Ansa dichiara: "Fare la spesa è un diritto di quella donna. Noi non siamo razzisti e non troviamo nulla di male se uno osserva le sue tradizioni". E aggiunge la nota professionale: "Fra l'altro quella donna frequenta il negozio da tempo, accompagnata dal marito". La signora Marisa non accetta: "Nemmeno io sono razzista, ci mancherebbe. Ho vicini e amici musulmani, che vengono a cena a casa mia. Sono praticanti. Io conosco i loro precetti alimentari, e mi adeguo. Per esempio, non uso aceto perché è fatto col vino". Quindi, più che sull'eventuale razzismo, bisogna discutere di quella "paura", di quel "disagio" nel vedersi accanto una donna coperta da capo a piedi. Ma quando mai si può avere paura di una donna che fa la spesa col marito? Marisa racconta, ed è un racconto fosco: "Vedo questa persona, accompagnata da un uomo con la barba lunga. Lei aveva un mantello marron fino ai piedi, spuntavano solo le scarpe basse, specie di scarponcini, e un pezzetto dei pantaloni neri. Aveva guanti neri. Il viso era coperto da un velo nero fino a metà busto, con appena una fessura per gli occhi". Pakistani, probabilmente. "Personalmente mi infastidisce che una donna, se era una donna, vada in giro come se fosse da nascondere. Mi mette a disagio non vedere la gente in faccia". Va allo sportello, parla con due ragazze e con il direttore: "C'è una donna così e così, non mi pare corretto che circoli a viso coperto. Loro, giustamente, non sapevano che cosa fare. La cosa è finita lì". Era la prima volta di questo "fastidio"? "Sì, qui ce n'è davvero pochissime che vanno coperte in quel modo. Le mie amiche islamiche vanno coi capelli nascosti, ma il viso è libero". La prima volta che questa paura viene allo scoperto, e cresce alimentata da "buoni propositi" di libertà. Non ci sarà un seguito: "Sono una donna libera, e non voglio vedere le donne trattate a quel modo. Non faccio politica, non sono iscritta a partiti, e se proprio lo si vuol sapere non ho mai votato a destra". Il clamore innescato dalla Santanché, comunque, qualcosa ha smosso. La signora Marisa dice solo: "Concordo con lei, fra molte virgolette, se davvero vuole abolire il burqa in Italia. Lo intendo come una liberazione delle donne da questa imposizione, se è un'imposizione. La legge che vieta di andare a viso coperto esiste, e certo se lei vuole entrare in una banca con un passamontagna o col casco integrale qualche problema ce l'avrà. O no?". Una battaglia di libertà? "Dico solo: spero che casi come questo servano a chi viene in Italia, per non essere costretta. E se la legge può essere un escamotage per liberarle, ebbene si usi, e queste donne sappiano che da noi non si fa così". Difficile, comunque, che la discussione divampi qui a Pieve di Soligo. Ma se si comincia a chiedere che i carabinieri scoprano a forza il volto di una donna velata, forse c'è da preoccuparsi davvero. Il sindaco Fabio Sforza, che guida una giunta Pdl-Lega, smorza: "Qui gli islamici sono soprattutto del Bangladesh, e le loro donne vanno vestite con veli coloratissimi e molto belli da vedere". Ci sono anche molti che vengono dal Marocco, come il signor Mohamed che entra al Bennet insieme alla moglie e a due bambini. La donna ha il velo nijab, e il viso scoperto. "Dico la verità - è il parere di Mohamed, pizzaiolo in cerca di lavoro - A me vedere una donna col burqa dà molto fastidio. Una volta in un negozio ne hanno fermata una, perché sotto il mantello nascondeva roba rubata". Dove, qui a Pieve di Soligo? "Ma no, al mio paese, in Marocco".

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