giovedì 24 settembre 2009

Cittadinanza? No, grazie

Proposta di legge bipartisan a Montecitorio. Pdl e Lega frenano sulla "cittadinanza breve" agli immigrati

Il tema della cittadinanza nell'agenda del Pdl c'è già. Discussione aperta l'approccio, disponibilità al dialogo la prerogativa che in un grande partito popolare di massa non può mancare, una sintesi condivisa e ampia il punto d'arrivo. Questa la linea. Del resto, lo stesso Fini ha più volte segnalato la necessità che il Pdl si confronti al proprio interno accogliendo i contributi e le idee anche quando questi non rispecchiano la posizione maggioritaria. E così sarà anche per la proposta di legge dei parlamentari Fabio Granata - finiano di ferro - e del collega Andrea Sarubbi, esponente dell'ala cattolica del Pd. Un testo depositato in Commissione Affari Costituzionali e che da oggi va all'esame del comitato ristretto incaricato di esaminare le altre proposte già presentate da Pdl, Lega, Pd, Udc e Idv. Il testo Granata-Sarubbi reca in calce le firme di cinquanta deputati: venti democrat, venti pidiellini (gran parte dei quali vicini al presidente della Camera), cinque dell'Udc e altrettanti tra Idv e Gruppo misto. Propone la riduzione da 10 a 5 anni del periodo di tempo necessario a uno straniero per poter chiedere di diventare cittadino italiano e il passaggio dallo "ius sanguinis" allo "ius soli temperato" per i figli di genitori legalmente soggiornanti e residenti in Italia da 5 anni. Cardine della riforma, la condizione di nascita in Italia del minore straniero alla quale si aggiunge quella della stabilità del nucleo familiare e la volontà di far parte a tutti gli effetti della comunità nella quale si vive. Un percorso che passa dalla conoscenza della lingua e della storia del nostro Paese e dal giuramento sui valori che la Costituzione fissa e custodisce. La proposta, presentata in una conferenza stampa a Montecitorio, ha avuto come testimonial la nazionale italiana under 15 di cricket, composta in gran parte da figli di immigrati residenti da anni in Italia ma non ancora cittadini italiani. Altro elemento di fondo, che va di pari passo col riconoscimento, è il diritto di voto agli immigrati regolari. L'obiettivo dell'iniziativa è favorire l'integrazione perchè "la cittadinanza deve diventare una scelta consapevole, un atto di volontà e non un mero percorso burocratico", spiegano Granata e Sarubbi che auspicano attorno alla proposta di riforma la più ampia e traversale convergenza in Parlamento, pur consapevoli del fatto "che il percorso è tutto in salita, perchè ci sono difficoltà politiche". Le ragioni, nel caso specifico, sono equamente ripartite tra Pdl e Pd. Entrambi i partiti, infatti, sono promotori di altrettante proposte ed è chiaro che l'iniziativa di Granata e Sarubbi, ancorchè legittima, sul piano politico viene letta da più parti come il tentativo di sparigliare le carte nelle file pidielline in nome del politicamente corretto, creando tensioni con la Lega che di "cittadinanza breve" non ne vuol sentir parlare. C'è poi chi non nasconde perplessità rispetto a una proposta che non sta nel programma elettorale sottoscritto con il Carroccio, non ha il carattere della priorità e, soprattutto, in vista delle regionali potrebbe traghettare voti a favore proprio del partito del Senatur. Eventualità, quest'ultima, che per Granata non esiste dal momento che "le leggi non si fanno per avere consensi elettorali". Nel Pd poi, l'iniziativa di Sarubbi che ha ricevuto il plauso di Acli e Comunità di Sant'Egidio e pure l'approvazione di Franceschini - assicura il deputato democrat - , non riscuote grandi entusiasmi perchè, di fatto, potrebbe depotenziare il testo che il partito ha già in Commissione, limitando così la possibilità di un dialogo con la maggioranza - Lega compresa - finalizzato a trovare convergenze almeno su alcuni punti. Usa prudenza il presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto che tuttavia rimarca alcuni punti fermi. Ribadisce che sulla cittadinanza la discussione è aperta e "certamente non è circoscritta al dibattito fra i presentatori della legge Granata-Sarubbi e la Lega" e rivendica il fatto che in Commissione c'è già il disegno di legge della deputata Pdl Santelli "che risponde adun'impostazione di fondo largamente condivisibile per ciò che riguarda il mantenimento dei 10 anni e il criterio del ius sanguinis prevalente. Nel complesso la legge del 1992 presenta un impianto ancora valido". Certo, occorre lavorare per superare "una serie di pastoie burocratiche che oggi portano fino a 12-13 anni il tempo necessario a ottenere la cittadinanza" ma il punto che riafferma è netto: "Tra chi ritiene che la concessione in tempi brevi della cittadinanza favorisca il processo di integrazione dell'immigrato e chi pensa, al contrario, che la stessa debba avvenire al termine di un percorso più articolato e significativo (e a seguito di adeguate valutazioni, di un congruo periodo di inserimento che affermino la sicura integrazione con il territorio ed i cittadini del Paese) noi scegliamo la seconda ipotesi". C'è poi un punto politico sul quale il presidente dei deputati Pdl si sofferma considerandolo "non di poco conto" perchè "come fondamentale forza di governo il Pdl lavora sempre per mantenere compatta la maggioranza ed eventualmente aprirla ad un confronto positivo con l'opposizione. Ora non possiamo rovesciare le alleanze su un tema così delicato aderendo a un disegno di legge presentato d'intesa con esponenti dell'opposizione e in rottura con la Lega. D'altra parte su temi delicati come cittadinanza, immigrazione, devono far testo il programma elettorale e il programma di governo. In ogni caso, è evidente che su questo come su altri temi, è indispensabile che si pronuncino gli organismi dirigenti del partito dopo un dibattito aperto e sereno". Anche tra gli ex aenne la proposta bipartisan suscita perplessità. Come nel caso del sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano che manifesta "rispetto per tutte le proposte che arrivano dal Parlamento, non intendo esprimere opinioni che sembrino una sorta di invadenza nei confronti di ciò che appartiene alla legittima dialettica parlamentare", ma nel merito osserva che la questione non può essere collegata "soltanto ai tempi del riconoscimento della cittadinanza, trovo inutile discutere se siano meglio cinque anni o qualcosa di intermedio tra i cinque e gli attuali dieci". Piuttosto, il punto "sul quale occorre lavorare è il concetto di integrazione effettiva. E perchè l'integrazione sia effettiva, è necessario pregiudizialmente diminuire il fenomeno della clandestinità". In altre parole, "avere il minor numero di irregolari e il maggior numero di regolari. Parallelamente vanno avviati percorsi di integrazione concreta, d'intesa con gli enti territoriali". Il che significa - osserva Mantovano - "promuovere la conoscenza della lingua italiana, non di quella araba; significa avere tutti maggiore attenzione alla questione delle moschee e quando dico tutti intendo anche gli enti locali che molto allegramente concedono il terreno e a quegli istituti di credito che altrettanto allegramente concedono elargizioni senza ritorno per costruire moschee, mentre negano mutui ai propri clienti". Dunque, per il momento, secondo il sottosegretario all'Interno la priorità è aprire un dibattito su cos'è l'integrazione e come "realizzarla con atti amministrativi prima ancora che legislativi". Insomma, quando si crea un contesto di "regolarità e di consapevolezza diffusa sull'integrazione non c'è nulla di strano a mettere mano alle norme sulla cittadinanza che deve tuttavia presupporre un cammino serio d'integrazione, non il semplice scorrere del tempo". No della Lega all'iniziativa Granata-Sarubbi. Raffaele Volpi membro della Commissione Affari Costituzionali e del comitato ristretto sulla cittadinanza non ci gira intorno: "Non capiamo il contenitore politico di questa proposta. La Lega mantiene ferma la sua posizione contraria a qualsiasi semplificazione delle procedure per accedere alla cittadinanza da parte degli immigrati. E non sarà certo l'iniziativa personale di qualche deputato, magari in cerca di autore o di visibilità, a farci cambiare idea su un tema che era, e rimane, del tutto estraneo al programma della maggioranza di governo sottoscritto prima delle elezioni". Infine, osserva, "cinquanta firme non solo sono insufficienti in Parlamento a far pasaare la legge ma non sono niente in confronto alla stragrande maggioranza di cittadini che su questo tema e su altri, la pensano esattamente come noi e sono contrari alla cittadinanza facile agli stranieri". In Parlamento, il confronto è solo all'inizio.

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