venerdì 31 luglio 2009

Lavaggi cerebrali

Un lavaggio cerebrale insieme rozzo e raffinato, ignorante ed educato. Il lavaggio della tecnica pubblicitaria. Su che cosa si basa, infatti, la tecnica pubblicitaria? Sugli schemi emblematici. Sulle fotografie, sulle battute, sugli slogan. Sulla grafica che attrae lo sguardo, sull'impaginazione che piazza al punto giusto la vignetta ingiusta. Sugli impatti visivi, insomma, sugli shock epidermici cioè irrazionali. Mai sui concetti, mai sui ragionamenti che inducono la gente a riflettere su un'idea o un evento. Pensa allo slogan Viaggio-della-Speranza, ormai più diffuso e martellante di quanto lo fosse il Liberté-Égalité-Fraternité di Napoleone. Pensa all'immagine del mussulmano annegato mentre in barca cercava di raggiungere Lampedusa. D'accordo, a volte il lavaggio cerebrale si basa anche su strategie che sembrano racchiudere un concetto, sollecitare un ragionamento. Sull'intervista straziante, ad esempio. Sull'articolo strappalacrime... Cos'è l'articolo strappa-lacrime? Semplice. È la storia del bambino iracheno o palestinese, mai israeliano, che rimane ucciso o mutilato per colpa di Sharon o di Bush. (Non per colpa di Arafat o Bin Laden o Saddam Hussein. E qui non invocare la par-condicio sennò ti taglian la lingua). Oppure è la storia del Marine scemo che in barba al regolamento sposa la ragazza di Bagdad in più le spiffera segreti militari, sicché il crudele esercito statunitense lo rimanda divorziato in Florida e la poveretta s'ammala di dolore. Oppure è la storia dell'intrepido nigeriano che per venire in Italia supera a piedi il Sahara. Lo supera sotto un sole cocente, sfidando i predoni, marciando per giorni lungo l'ex Via degli Schiavi, (E guai a te se ricordi che a vender gli schiavi erano le tribù africane quindi mussulmane, che a gestire il commercio degli schiavi erano i mercanti arabi, che a chiudere la Via degli Schiavi sarebbero stati i colonialisti fran- cesi e inglesi e belgi, non i seguaci del Corano). Oppure è la storia di Ahmed o Khaled o Rashid che in Italia ha vissuto cinque anni da clandestino, che alla fine è stato espulso da uno sbirro incapace di misericordia, che ora sta di nuovo in Tunisia o in Algeria o in Marocco dove non ha nemmeno una ragazza. Peggio: non ha mai baciato una ragazza. Per baciarla deve sposarla, per sposarla deve avere i soldi, per avere i soldi deve tornare in Italia. Ergo vive nel sogno di sbarcare una seconda volta a Lampedusa e sta sempre sulla spiaggia dove ripete ossessivo: «Tornerò. Le leggi italiane non mi fermeranno. Tornerò». Poi annusa il vento che viene dalla Sicilia, se ne riempie i polmoni, mormora: «Respiro il profumo dell'Italia. Questo vento mi porta il profumo dell'Italia». L'articolo strappa-lacrime è di solito una storia scelta bene e scritta bene, infatti. È un giornalismo elegante, commovente, ricco. Ai bordi della letteratura. Un giornalismo o meglio un'opera di seduzione, di persuasione. Una scienza che invece del ragionamento usa il sentimento. Infatti il lavaggio cerebrale che ne ricevi è in realtà un lavaggio emotivo. Però l'impatto è identico a quello del lavaggio cerebrale esercitato con la vignetta o la fotografia o lo slogan Viaggio-della-Speranza. Anzi è più profondo, più efficace. Perché toccando il cuore neutralizza le tue difese. Spenge la lo gica e al suo posto colloca una pietà analoga a quella che tuo malgrado provi a guardare Saddam Hussein sporco, disorientato, umiliato. Peggio: accende in te un malessere che lì per lì non sai definire ma poi definisci e allora un brivido ti corre lungo la schiena. Perbacco, pensi, sono un occidentale. Non porto mica il burkah o il jalabah, non appartengo mica a un mondo suddito del Dio che per niente compassionevole e per niente misericordioso paragona i cani-infedeli alle scimmie e ai maiali! Appartengo a un mondo civile, raziocinante. Un mondo che riconosce il libero arbitrio. Che al centro dell'Etica pone la Coscienza, il senso di responsabilità, il rispetto del prossimo anche se è un prossimo che non vale un fico... E pur sapendo che Ahmed-Khaled-Rashid non ha mai pronunciato la bella frase che il giornalista gli attribuisce, pur sapendo che con ogni probabilità Ahmed-Khaled-Rashid è un tipaccio uso a spacciar droga e forse un manovale di Al Qaida, pur sospettando che di ragazze ne abbia baciate parecchie, che magari ne abbia messe incinte due o tre, ti senti responsabile del suo destino. Avverti come una tentazione di salvarlo e quasi quasi vorresti affittare subito un motoscafo, precipitarti in Tunisia o in Algeria per caricarlo a bordo, portarlo a Lampedusa, qui telefonare al ministro che non mi ha consegnato in manette alla Svizzera e: «Scusi, Castelli, non potrebbe ospitare questo infelice che ama il profumo dell'Italia e che non ha mai baciato una ragazza? Meglio, non potrebbe fargli sposare sua figlia? Meglio ancora, non potrebbe dargli il voto? Anche politico, ovvio, non solo amministrativo. E visto che c'è, non potrebbe farlo eleggere con la lista della Lega, in nome del pluralismo aiutarlo a diventar deputato o sindaco di Milano, e pazienza se il Duomo ce lo trasforma in una moschea, pazienza se al posto della Madonnina ci mette un minareto?». Reagisci, in breve, come reagii io la sera in cui il bisnipote del re nano cioè il rampollo della famiglia che aveva consegnato l'Italia a Mussolini e che per questo era stata cacciata dal patrio territorio nonché privata della cittadinanza, si fece intervistare alla televisione e con voce straziante esclamò: «Ah, che cosa darei per mangiare una pizza a Napoli!». Non era una gran battuta, no. Non aveva la poesia del Respiroil- Profumo-dell'Italia. Quale argomento per farsi perdonare le colpe degli avi, infatti, mi parve assai debole. Mais chacun dit ce qu'il peut, ciascuno dice quel che può, sospirava Cavour quando gli riferivano le stronzate della Real Casa. E appartenendo a un mondo civile, evoluto, raziocinante, sia pure di malavoglia commentai: «Poveretto, che c'entra lui con le colpe degli avi. Lasciamogliela mangiare a Napoli la fottuta pizza!». Reagisci a quel modo, sì. Subito dopo, però, t'accorgi che la tua coscienza è stata presa in giro. Beffata. Capisci che anche tu sei rimasto vittima del lavaggio cerebrale anzi emotivo, che per un istante anche tu ti sei addormentato. Così apri gli occhi e rivedi la realtà. Rivedi le infinite moschee che soffocano il din-don delle campane. Ad esempio la grande moschea di Roma dove si predica la Guerra Santa contro i medesimi che obbediscono al papale invito dell'accoglienza a oltranza. Rivedi i prepotenti che per pregare invadono le piazze di Torino e le strade di Milano sicché a certe ore lì non puoi camminare come a Marsiglia. Rivedi le Bozze d'Intesa con le loro richieste sfrontate e truffaldine. Rivedi l'impudenza dei capi islamici che nelle assemblee dei fascisti rossi e dei fascisti neri portano i saluti di Allah, elogiano la «resistenza» irachena, sputano sui morti di Nassiriya. Rivedi l'imam di Carmagnola che voleva trasformare la storica cittadina piemontese in una città esclusivamente mussulmana. Rivedi sua moglie che dice: «Vi conquisteremo partorendo figli, voi siete in crescita zero, noi ci raddoppiamo ogni anno, Roma diventerà la capitale dell'Islam». Rivedi la lettera del piccolo industriale che ti scrisse: «Io tengo quattro impiegati mussulmani e ho paura. Non scopriranno mica che mia nonna era ebrea?». Rivedi l'amica che due Pasque fa mandò le uova di Pasqua, le uo va di cioccolata, ai cinque figli della tunisina installatasi con la suocera e i cognati e i cugini nella casa presso la sua. Uova che la tunisina restituì dicendo: «Per noi la vostra Pasqua è un'offesa. Noi i vostri regali di Pasqua non li vogliamo». Rivedi le coscienze spente o addormentate dai lavaggi cerebrali e capisci che in Italia l'ex-clandestino Ahmed- Khaled-Rashid non vuole tornarci per mangiar la pizza come il non-geniale rampollo di casa Savoia. Vuole tornarci per mangiare i nostri principii, i nostri valori, le nostre leggi. Sicché il profumo di cui parla non è un profumo di arance. Tantomeno, un profumo di ragazze da baciare. E il profumo della nostra identità da annullare, distruggere. E dico: «Giovanotto, di quel profumo è rimasto ben poco. Grazie ai tuoi connazionali ed ai miei, la maggior parte di esso è diventato fetore. Ma il poco che è rimasto non ti appartiene. Quindi gira largo. La ragazza da baciare va' a cercartela alla Mecca». Il guaio è che deviarlo alla Mecca non serve più a nulla. Anche senza considerare la Politica del Ventre predicata da Boumedienne e dalla moglie dell'imam espulso, i giochi sono ormai fatti. Nemmeno Sobieskí, l'eroico Sobieski che coi suoi polacchi inneggianti alla Vergine di Czestochowa contribuì quanto nessuno a respingere le orde di Kara Mustafa giunto alle porte di Vienna, potrebbe disfarli. Guardati attorno. Leggi i giornali, ragiona.

La forza della ragione, Oriana Fallaci.

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