mercoledì 29 luglio 2009

Dove arriva l'islam...

Nigeria, affoga nel sangue la rivolta degli islamici: scontri e oltre 300 morti

Nairobi
- Affoga nel sangue la rivolta degli integralisti islamici nel Nord della Nigeria. Dopo che da domenica i miliziani erano partiti all’attacco in varie città con un bilancio di 200 morti, nel pomeriggio di ieri l’esercito ha bombardato il quartier generale dove si trovava il loro leader, Mustaz Mohamed Yusuf, che aveva detto: "Lotteremo fino alla morte". Non c’era bisogno che lo dicesse. La loro sorte l’aveva già decisa il presidente della Repubblica Umaru Yar’Adua quando aveva proclamato la massima allerta, e indicato che l’insurrezione andava stroncata. Gli scontri non si fermano nemmeno oggi e il bilancio si fa sempre più pesante: si parla ora di oltre 300 morti.

L'intervento dei militari. "I militari sono stati dispiegati qui ieri. Sono impegnati in combattimenti violenti", ha commentato la fonte della polizia. Il presidente Umaru Yar’Adua ha detto che i militari stanno facendo tutto il possibile per estirpare sul nascere un potenziale, enorme, problema per il paese. Le autorità di Lagos, secondo quanto riferisce la Bbc, hanno avuto l’ordine di ricorrere a qualsiasi mezzo per stroncare le violenze. Nei giorni scorsi, bande di giovani islamici, armati di fucili o machete hanno dato l’assalto a commissariati e altri edifici governativi. Molti civili, in fuga sulle loro auto, sono stati fermati, fatti scendere e uccisi sul posto. Nel nord della Nigeria, zona particolarmente povera del paese, le tensioni sociali sono intense ed endemiche ma gli scontri dei giorni scorsi hanno fatto segnare un salto di qualità. Per la prima volta, si sono viste in azione bande che si ispirano all’estremismo islamico e all’esempio dei talebani. A differenza di paesi come Mali o Algeria, però, in Nigeria fino ad oggi non operavano gruppi affiliati ad Al Qaida.

Liberati 180 donne e bimbi. La polizia in Nigeria ha liberato oltre 180 donne e bambini che erano tenuti in ostaggio dagli estremisti islamici della setta Boko Haram. I prigionieri - riferisce la Bbc - hanno raccontato alle forze di sicurezza che sono rimasti sequestrati per 7 giorni e che si nutrivano di datteri e acqua. Il capo del movimento, Mohammed Yusuf, disponeva di una milizia di almeno 250 uomini armati, e si crede ve ne siano almeno altri 1000 nella zona di Maiduguri. Secondo la polizia, oggetti e documenti ritrovati su alcuni miliziani uccisi mostrerebbero che molti di loro non sono nigeriani, ma proverrebbero da paesi vicini come Chad o Niger, che come il nord della Nigeria sono in maggioranza di religione musulmana.

La ribellione suicida. Maiduguri, dove l’insurrezione era esplosa domenica, è la capitale dello stato Borno, uno dei quattro (con quelli, limitrofi, di Bauki, Kano e Yobe) attraversati dalla rivolta, di fatto suicida. Gli attacchi erano stati lanciati da un gruppo il cui nome è Boko haram, che nella locale lingua haussa vuol dire "L’educazione occidentale è un peccato". Tutti li chiamano talebani, ma non non sembra abbiano mai avuto rapporti di alcun tipo con gli integralisti afghani. Le prime notizie che se ne hanno risalgono al 2004: lo fondarono un paio di centinaia (numerose le donne) di studenti universitari contestatori. Chiedono l’applicazione rigorosa della sharia (la legge coranica), e l’obbligo che anche i non musulmani vi siano sottomessi. La loro azione non aveva mai suscitato particolari apprensione: ma, evidentemente, era fuoco che covava sotto la cenere.

Le divisioni interne. La Nigeria (la nazione più popolosa dell’Africa, circa 150 milioni di persone) è uno Stato dalle contraddizioni spaventose. Il Nord, 12 regioni (in tutto il Paese sono 36) a stragrande maggioranza musulmana, dove dal 2000 è in vigore la Sharia, seppur in maniera non rigida, poverissimo, letteralmente alla fame. Ed il Sud, a grande maggioranza cristiana, che affoga (tra enormi contraddizioni e rivolte contro le compagnie petrolifere internazionali) nel petrolio. Nel complesso una delle potenze petrolifere mondiali, delle cui ricchezze però pochi nigeriani beneficiano, e comunque nessuno nel nord.

La minaccia petrolifera. Una miccia innescata sui barili di petrolio. Di lì, come in tante altre situazioni mediorientali e orientali, la penetrazione dell’integralismo nella popolazione: l’indicare negli occidentali in generale, e nei cristiani nigeriani in particolare, i colpevoli delle situazione di fame. E domenica i talebani hanno lanciato l’attacco. La popolazione non li ha seguiti, e la repressione è stata spietata: testimonianze non confermate, ma concordi, parlano di centinaia di cadaveri ammucchiati nei posti di polizia. Anche i talebani non sono andati per il sottile: poliziotti e personale della sicurezza in generale decapitato o dato alle fiamme vivo. La Nigeria è sempre più a rischio: tra il Mend (Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger) che imperversa nella zona, a maggioranza cristiana, immersa nel petrolio; e i musulmani poverissimi del nord, facile preda dell’integralismo. Per ora non hanno contatti, ma sarebbe un cocktail fatale.

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