domenica 27 febbraio 2022

Ricapitolando…

Per capire quanto avviene in Ucraina è certo necessario risalire alle profondità della storia. Non bisogna però dimenticare gli eventi a noi più vicini, in particolare quelli degli anni Novanta del secolo scorso. Con la fine dell’URSS, decretata nel 1991 dopo una nottata ad alto tasso alcolico  dai tre presidenti di Russia, Bielorussia ed Ucraina in una dacia presso Brest, si aprì un abisso apparentemente senza fondo per i paesi dell’ex blocco sovietico. La Russia, in particolare, visse un dramma di proporzioni enormi. Il rapido passaggio all’economia di mercato, voluto dal Fondo Monetario internazionale e dai consiglieri americani, portò al crollo della produzione industriale ed agricola e al taglio dei servizi essenziali. Mentre una ristretta borghesia parassitaria e malavitosa accumulava enormi ricchezze sfruttando le risorse naturali del paese, i salari e le pensioni furono decurtati dall’inflazione e venivano elargiti con mesi di ritardo. Per capire le proporzioni della tragedia, basti dire che  l’aspettativa di vita si abbassò di quasi dieci anni. Oltre a questo, nei paesi diventati autonomi e nella stessa Russia, scoppiarono sanguinose guerre civili  che lasciarono sul terreno più di un milione di vittime. La stampa occidentale, tutta presa ad esaltare le meraviglie del neo capitalismo russo e a contare estasiata i  Mcdonalds che si aprivano a Mosca, chiuse gli occhi di fronte ai crimini del presidente ubriacone Boris Eltsin: il bombardamento di Grozny durante la prima  sanguinosissima guerra cecena, le vergognose cannonate contro il Parlamento ribelle, i brogli elettorali, la corruzione eretta a sistema di governo, la privatizzazione a prezzi d’incanto dell’immenso patrimonio pubblico.  


Come non bastasse, la Russia, col beneplacito dei suoi governanti, ormai diventati delle marionette degli Stati Uniti, perdeva ogni residuo prestigio internazionale: l’esercito era abbandonato a se stesso, le armi nucleari, eredità del passato sovietico, erano sul punto di passare sotto il controllo americano, la Nato, contravvenendo a tutte le promesse, si estendeva nei paesi dell’ex blocco sovietico. La stessa indipendenza del paese era in forse. Non a caso Giulietto Chiesa intitolò il bellissimo libro in cui descrive dal vivo questi eventi: “Russia addio. Come si colonizza un impero”. Quando giudichiamo gli avvenimenti di questi giorni, non dobbiamo dimenticare  che Putin, assumendo la presidenza nel 1999, ha trovato un paese ridotto in queste condizioni.  Con tutte le riserve che si possono avere sull’uomo, nessuno gli potrà mai togliere il merito storico di aver risollevato la Russia dallo stato di prostrazione in cui si trovava e nel quale era stata in gran parte cacciata dalla prepotenza degli occidentali. In questi ultimi venti anni l’economia ha ripreso a crescere, le condizioni di vita delle persone comuni sono migliorate, la Russia è tornata ad assumere il ruolo che le compete nella politica internazionale. I problemi sono ancora moltissimi, ma è un dato di fatto che la Russia ha ritrovato il suo orgoglio. Il processo di dissoluzione di tipo Jugoslavo, che per un momento era sembrato probabile, non è avvenuto. Oggi, con la guerra in Ucraina Putin ha  sicuramente compiuto una mossa rischiosa e dagli esiti imprevedibili. Una mossa, però, obbligata. 


Poteva Putin accettare che la NATO si incuneasse nel cuore stesso dell’ex impero sovietico Evidentemente no. Con dei missili in grado di raggiungere Mosca in pochi minuti, assicurando agli Stati Uniti la possibilità di un primo colpo nucleare, la Russia avrebbe perso ogni autonomia politica. I lenti progressi di questi anni sarebbero stati vanificati. Nulla avrebbe impedito che, alla prima occasione favorevole, il tentativo di colonizzare il grande paese euroasiatico, fallito negli anni Novanta, riprendesse piede. Cosa succederà ora? Putin indubbiamente si gioca tutto. Una guerra che si protraesse a lungo sarebbe deleteria e probabilmente insostenibile per la Russia. Inoltre, le sanzioni economiche  avranno  un impatto molto duro sulla sua economia. Anche gli Stati Uniti e, soprattutto, l’Europa rischiano però tantissimo. Se la reazione dell’Occidente sarà quella che è stata annunciata, le nostre società, già duramente colpite dalla pandemia, dovranno far fronte ad una crisi energetica che non è detto siano in grado di sostenere. Finchè si trattava di indicare un capo espiatorio come i no vax e accanirsi contro di loro la cosa era facile. Ora bisognerà giustificare dei sacrifici destinati a dare un colpo pesantissimo al tessuto produttivo ed industriale dell’Europa (e dell’Italia in particolare) e a far regredire di decenni le condizioni di vita della classe media. E’ tutto da vedere che una classe politica screditata, di burattini privi di cultura e moralità, possa gestire con successo un passaggio di questo tipo. In ogni caso, l’unica cosa certa è che i prossimi anni si annunciano duri per tutti.



Silvio Dalla Torre

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