mercoledì 18 agosto 2021

Riflessioni sull’Afghanistan

Confesso che sulla questione Afgana, non ci capisco una ceppa talebana… Non essendo uno dei tanti esperti appollaiati nei salotti mediatici, rimango preda dei dubbi e non colgo il nesso delle numerose questioni trattate. Dinanzi agli sconcertati lamenti e mugugni che fanno da sottofondo all’indecorosa fuga dal proclamato emirato islamico, la prima cosa che mi domando è: per quale recondito motivo le stesse anime belle che piangevano disperate quando l’America invase il santuario del terrorismo, ora lacrimano sconfortate perché lo abbandona? Cos’è mutato nel loro animo candido in questi venti anni? Trattasi di ripensamento o solo di una precoce demenza senile? Non capisco, poi, il vero motivo che ha indotto il governo statunitense ad impelagarsi in questo lungo conflitto. Se, come afferma il letargico Biden, lo scopo era quello sacrosanto di combattere Al Qaida, per quale motivo, dopo aver bombardato a tappeto i guerrieri del terrore costringendoli a rintanarsi con la barba tra le gambe nelle caverne e dopo aver scovato e trucidato Bin Laden, non se ne sono andati? 


Perché rimanere altri 10 anni spendendo infinite risorse economiche e umane? Quale articolata strategia geopolitica hanno messo in atto per architettare un siffatto imponente castello di carta? Ma sul serio sono stati così ottusi da tentare di imporre la democrazia in una moltitudine variegata sprovvista di coscienza individuale e divisa da sempre da tribù, etnie e fedi islamiche diverse? Insomma, ci sono voluti 20 anni per capire che a lavare la capa al ciuccio si perde tempo, acqua e sapone? Non riesco, inoltre, a decifrare l’atteggiamento sornione dei talebani next generation che, da perfidi tagliagole, ora si mostrano in pubblico come docili mammolette, elargendo a piene mani tolleranza ed inclusione. Il martellante bombardamento ventennale li ha indotti a più miti consigli o si tratta di lupi con peli diversi ma identici vizi? Non capisco, infine, l’allarme generato dalla paventata probabilità di un esodo di massa di proporzioni bibliche. Da quale guerra fuggirebbero gli Afgani? Da quella che non c'è stata e che non hanno voluto combattere? Per quale motivo, dopo aver spalancato le porte ai talebani e steso tappeti rossi, ora vorrebbero rifugiarsi in un occidente di cui rigettano sdegnosamente la cultura?


E, a proposito di profughi in arrivo, qui mi scatta il dubbio più atroce che mi arrovella il cervello: ma per quale motivo divampano le polemiche sull’opportunità o meno di accoglierli? Esiste per caso una diversa alternativa all’accoglienza? Oramai i confini nazionali sono solo un labile tratto sulle cartine geografiche e nei porti sbarcano incondizionatamente ed indisturbatamente frotte di clandestini che non fuggono da alcuna guerra. Nel nome di un’umanità a tempo determinato, gli permettiamo di approdare nel suolo italico, per poi abbandonarli regolarmente sotto ponti e panchine, condannati inesorabilmente ad una vita di stenti, emarginazione, sfruttamento e criminalità. Per cui, di cosa stiamo discutendo? Abbiamo forse voce in capitolo? Cosa pretendiamo dall’evanescente ed eterea ministra dell’interno? Che imponga limiti e regole ferree? Cosa vorremmo dal nostro governo? Che imponga all’Europa un’equa suddivisione? Suvvia, ma quali regole e imposizioni! Noi siamo democratici… mica talebani!


Salvino Paternò 

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