venerdì 7 febbraio 2020

Quando?

Quando abbiamo autorizzato la Rai ad imporci lezioni e maestri di vita?

In questi giorni di polemiche sanremesi e di ragli asinini sulla radio di Stato da parte di personaggi che, se ancora esistesse il buongusto, nemmeno verrebbero invitati a partecipare a certe trasmissioni e/o certi eventi, riceviamo soltanto conferme.  Senza insulti, prese per il culo e discorsetti moralistici, non si costruisce più una trasmissione destinata al grande pubblico. Bisogna additare, stigmatizzare, sensibilizzare; in una sola parola, educare il pubblico incolto e boccalone. Purtroppo, dobbiamo ammettere che noi del pubblico un pò coglioncelli lo siamo davvero, se addirittura permettiamo alla Rai d’imporci il canone nella bolletta della luce, e se continuiamo a tollerare una subdola e costante propaganda politica sfacciatamente orientata a sinistra, pagandola coi nostri soldi, anche se, putacaso, non fossimo contenti di sostenere economicamente una parte che non ci piaccia.

Quando il tasso di scolarizzazione era molto più basso paradossalmente si aveva più rispetto per i telespettatori. E no, adesso proprio bisogna trattarci tutti da fessi, con riassuntini storici, quasi sempre di parte, ed una lettura preconfezionata di qualsiasi fatto sia accaduto. Adesso siamo tutti ignorantoni da rieducare, con sovietica compassione, e da guidare, passo passo, alla costruzione del mondo migliore che, evidentemente, hanno in testa i responsabili della programmazione radiotelevisiva, in un afflato di generosità disinteressata che non soltanto consente loro di decidere quali contenuti siano adatti o meno a noi poveri e disinformati spettatori, ma financo d’incaricare improbabili quanto improvvisati maestri di vita per ammannirci la quotidiana lezioncina su etica e morale.

In epoca di povertà ancora diffusissima in Italia (ben oltre il 5 per cento della popolazione) si strapagano attorini ed attoroni, showmen e showgirl, comici e cantanti, per leggerci un po’ la vita, pagando un canone salatissimo per farcela leggere e trattandoci da baluba (come si diceva una volta senza essere tacciati di razzismo) se manifestiamo un po’ di stanchezza per tanta supponenza da parte loro.... Ormai contano i messaggi sociali, i “pugni nello stomaco” già ridotto a pezzi dai troppi subiti, gli ospiti scelti con la pervicace preordinazione di farci incazzare. Questo enorme baraccone che è diventato il Festival di Sanremo, vera apoteosi dell’autocelebrazione di capi, capetti e capatazzi della già onnipotente Rai, e soltanto episodicamente veicolo per promuovere la nostra musica, non sempre eccelsa, sa di precotto, di minestra riscaldata, di prevedibilissime “novità epocali” che ci vengono anticipate ogni anno facendoci dire: “Ecco lì, lo sapevo…”.

E meno male che ogni tanto si alleggerisce un po’ la vita con le canzonette e con i commenti sugli abbigliamenti improbabili di certi “artisti”, ma proprio per tal motivo mischiare sciocchezze con immensi problemi sociali, religione, tragedie ed insegnamenti morali è assolutamente non più sostenibile, almeno per i (pochi o tanti che siano) che guardano la televisione per rilassarsi un po’, senza aver nominato padri spirituali e senza aver mai autorizzato la Rai ad impartirci lezioni di vita, se non altro perché ciascuno di noi è libero di scegliersi i maestri che vuole, pagarli o meno quanto vuole, mandarli a quel paese quando vuole.

Tratto da un articolo di Roberto Ezio Pozzo per Atlanticoquotidiano

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