martedì 29 aprile 2014

Non per l'italia... per il suo idiota smisurato ego

Ma vai a lavorare sul serio, vaffanculo, vah.

Renzi: "Facciamo le riforme o sono politicamente finito". Il premier ospite a Porta a Porta: "Non sono un tassatore" di Luisa De Montis

Il primo punto nell'agenda di Matteo Renzi sono sempre le riforme e il premier pesta il piede sull'acceleratore: "Stiamo chiedendo ai senatori di fare uno sforzo importante. Noi abbiamo posto il 25 maggio come data per la prima lettura della riforma costituzionale, dall’abolizione del CNEL al superamento del titolo V. Ci hanno chiesto quindici giorni in più, non il 25 maggio ma il 10 giugno. Per me va bene, purchè non sia uno strumento per rinviare". Renzi sa bene che il suo governo e il suo ruolo sono legati alla tempestività con cui riuscirà a uscire dalla palude istituzionale e burocratica e avvisa tutti: "Io vado avanti perchè se questo Paese risolve alcuni problemi, come sul fisco o sulla giustizia, può diventare leader mondiale. Se non riesco mi fanno fuori, politicamente si intende".

Ma la polemica sulle riforme, assicura l'ex sidnaco, continuerà e s'infiammerà domani quando presenterà il piano per la pubblica amministrazione: "Molte misure faranno discutere, dalla giustizia amministrativa alla licenziabilità dei dirigenti". Poi getta acqua sul fuoco: "Quella degli 85mila esuberi fatta da Cottarelli è una cifra teorica che gli serve per dire i tagli necessari alla Pubblica amministrazione. Ma non si fa così. La percentuale dei lavoratori del pubblico è simile agli altri Paesi. Nessuno verrà licenziato perché il Governo deve tagliare. I dipendenti pubblici non devono lavorare di meno ma di più, però meglio". Che significa, ha spiegato Renzi, anche bloccare la distribuzione a pioggia di premi ai dipendenti a prescindere dal loro rendimento lavorativo. Ma, secondo il premier, il riassetto dei conti pubblici non può prescindere da una stretta all'evasione fiscale: "Nei primi tre mesi stiamo prendendo 100 milioni al mese dal recupero dall'evasione, facendo la formichina. Io ho un ambizione: di misurare in miliardi il recupero dell'evasione".

Il premier si è tolto anche sassolino della scarpa a proposito della sua mancata partecipazione alla partita del cuore: "Il 19 maggio a Firenze si gioca la partita del cuore e mi hanno chiamato come pseudo giocatore. Gioco centro panchina avanzato... Abbiamo organizzato la partita a Firenze e la partita è finalizzata a dare un contributo ad Emergency. C’è stata una polemiche un pò sterile del M5S che ha detto per par condicio non vada. A parte il fatto che poteva giocare anche Grillo. Ma non è che la gente vota per me perchè mi vede giocare a pallone. Chi pensa di utilizzare la politica per fare polemica sul volontariato mandiamolo a casa". Renzi è tornato anche sul caso Alves: "Per chi segue il calcio è insopportabile vedere queste polemiche razziste. Il nuovo hashtag è siamo tutti scimmie". E poi una battuta: "Io del Barcellona porterei anche il magazziniere alla Fiorentina".

Alfano e Mare nostrum...

 Epoi, leggi anche cose come queste.

Immigrazione, il fallimento di Alfano. La polizia delle frontiere: "Oltre 800mila immigrati pronti a partire". E avverte: "Il sistema è ormai al collasso" di Andrea Indini

Ci sono 800mila persone, se non di più, pronte a partire dall’Africa verso l’Europa. Il direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Giovanni Pinto, sancisce davanti alle commissioni Difesa ed Esteri riunite del Senato il fallimento di Angelino Alfano. Il leader di Ncd, che da quando Enrico Letta è salito al governo manda avanti il Viminale, non solo non ha saputo affrontare un'emergenza senza precedenti ma, accettando dall'Unione europea il diktat dell'accoglienza, ha addirittura aplificato il problema. E a certificare questo flop colossale è il suo stesso ministero dell'Interno. "Sicuramente - ammette Pinto - l’operazione Mare Nostrum ha dato risultati eccellenti, anche se ha incrementato le partenze dalla Libia".

L’Italia da sola non ce la fa. Unione europea e Onu avrebbero devuto sostenere lo sforzo messo in campo dai mezzi di Marina Militare, Guardia Costiera, Guardia di Finanza ed Aeronautica Militare, ma non lo hanno mai fatto. La missione Mare Nostrum, partita sei mesi fa, costa 300mila euro al giorno, 9 milioni al mese e non solo non risolve l'emergenza, ma la acuisce. In attesa che avvengano altre tragedie come quella dello scorso 3 ottobre nelle acque di Lampedusa. Proprio alla valutazione della missione è stata dedicata ieri una riunione a Palazzo Chigi, presieduta dal premier Matteo Renzi, cui hanno partecipato - oltre ad Alfano - anche i ministri di Esteri e Difesa, Federica Mogherini e Roberta Pinotti, il sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti ed il capo della polizia, Alessandro Pansa. Il vertice, però, non è servito a granché. Dall'inizio dell'anno gli sbarchi hanno sfondato quota 25mila, più della metà di quelli giunti nell’intero 2013, quando furono 43mila. Tanto che il tetto raggiunto nel 2011, l'anno delle Primavere arabe che vide arrivare in Italia via mare 63mila extracomunitari, rischia di essere superato. "Il sistema dell’accoglienza è al collasso - avverte Pinto - non abbiamo più luoghi dove portare i migranti e le popolazioni locali, non solo quelle siciliane, sono diciamo così 'indispettite' da questi nuovi arrivi che disturbano anche le attività ordinarie".

Con la bella stagione le partenze di carrette del mare dalla Libia sono destinate ad aumentare. I rapporti dell'intelligence parlano di 800mila profughi ammassati in campi gestiti da trafficanti di uomini e pronti ad essere imbarcati verso l’Europa. Sembra anche che le tariffe del viaggio siano scese, proprio per la presenza dei mezzi italiani di Mare Nostrum che raccolgono i barconi in difficoltà fin a ridosso delle coste libiche. A preoccupare è in particolare la situazione della Libia, ormai del tutto fuori controllo, con bande paramilitari a spadroneggiare. Da lì è, infatti, partito il 90% dei 25mila immigrati sbarcati dall'inizio dell'anno. E adesso Il Viminale pensa addirittura a un piano di accoglienza per 50mila extracomunitari dal momento i 16mila posti dello Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati non sono sufficienti.

mercoledì 23 aprile 2014

Brevi uscite sotto scorta...


Annungiaziò, annungiaziò...

L'ultima promessa di Renzi: "Abbasserò le tasse a partite Iva e pensionati". Il premier risponde alle richieste dei cittadini su Twitter. E promette tagli alla politica e riduzione della pressione fiscale di Nico Di Giuseppe

Un fiume di promesse. Matteo Renzi risponde su Twitter alle richieste dei cittadini e annuncia. "Ho preso un impegno con partite Iva, incapienti e pensionati nel proseguire nel lavoro di abbassamento tasse e lo manterrò", scrive il premier parlando delle prossime misure fiscali del governo dopo il decreto degli scorsi giorni. Il presidente del Consiglio poi spiega: "Dobbiamo utilizzare meglio i fondi europei che sono tanti e spesso non spesi o spesi male. Ne parleremo meglio la prossima settimana, faremo un incontro ad hoc e lanceremo un'iniziativa. L'Italia in troppi casi ha buttato via le risorse, non è colpa dell'Europa ma dei burocrati e politici italiani che hanno fallito". Una parola anche sui marò: "Non siano tema della campagna elettorale, seguiamo la vicenda tutti i giorni, suggerirei di toglierla il prima possibile dalla campagna elettorale. Stiamo chiedendo di fare un processo secondo regole internazionali e sulla base del diritto e no attraverso altri tipo di interventi". Sui costi della politica, il segretario del Partito Democratico ha dichiarato: "Noi facciamo di più: tagliamo un terzo dei parlamentari che è l'operazione di riforma del Senato; dopo le Province, aboliremo gli uffici periferici, abbiamo eliminato i politici dalle province intanto, poi andremo sugli uffici periferici. Faccio un esempio: che senso ha che la Ragioneria centrale dello Stato abbia le sedi in tutte le province? Ho fatto un esempio". Qualche frecciatina poi al leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo. Prima la critica sul bonus Irpef ("Provi lui a vivere con 1200 euro al mese"). Poi un'altra bacchettata su un tema caro ai grillini: "No al reddito di cittadinanza, tesi non condivisibile. O almeno io non sono d'accordo sul fatto che il reddito minimo di cittadinanza crei posti di lavoro. Abbassare le tasse è giusto".

Le culture amate dai mondialisti e dagli imbecilli

Ubriachi assaltano treno: metropolitana bloccata. Un centinaio di marocchini ha scavalcato i tornelli e cercato di ammassarsi su un convoglio di Enrico Silvestri

Momenti di follia l'altra sera alla fermata Lotto della metropolitana tra urla, spintoni, un treno bloccato in banchina e qualche accenno di rissa. Era infatti appena terminato in fiera un evento promozionale marocchino e centinaia di nordafricani si erano riversati in metrò. Molti, piuttosto su di giri, hanno scavalcato i tornelli senza pagare i biglietti e si sono buttati dentro i vagoni. Nel parapiglia qualcuno ha forzato gli accessi fino a mandare in avaria le porte. Risultato: il convoglio non poteva più partire. C'è voluto l'intervento della polizia per riportare la calma, far uscire i viaggiatori, imbarcare i magrebini su bus sostitutivi e liberare la malconcia stazione.

Tra sabato 19 e lunedì 21 infatti Fiera City ha ospitato Lo Smap, salone dell'immobiliare e dell'arte di vivere marocchina a Milano. Un evento itinerante per attirare investitori stranieri nel Paese nordafricano, partito da Abu Dhabi con tappe anche a Bruxelles, Parigi, Londra, Dusseldorf e Riyad/Jeddah. Un successo insperato per numero di visitatori, soprattutto marocchini che hanno così potuto respirare un po' di aria di casa. Forse un po' troppa visti i risultati. Già sabato e domenica gli stand hanno registrato il pienone, con problemi poi per lo smaltimento dei visitatori. Ma il vero delirio è stato toccato lunedì sera, ultima giornata espositiva. Alle 20, chiuso l'evento, centinaia di persone si sono riversate nella metropolitana Lotto, con modi non proprio urbani. La fiumana è scesa spingendosi e urlando, di fronte ai tornelli, molti hanno bellamente scavalcato, in una sorta di gara a chi raggiungeva la banchina e quindi guadagnava il primo convoglio utile. Così all'arrivo c'è stato un vero e proprio «assalto al treno» con le carrozze piene all'inverosimile, gente che spingeva, mani che forzavano l'apertura delle porte. Qualche esagitato si è pure messo ad azionare il segnale d'allarme. Ottenendo come primo risultato il blocco del sistema di apertura delle porte e l'inevitabile fermo del convoglio. E di conseguenza l'intera circolazione sul tratto da e per Rho-Fiera. A quel punto l'Atm è stata costretta a chiamare la polizia per tenere sotto controllo le centinaia di marocchini. Piuttosto su di giri, sembra anche per il gran bere. Gli agenti scesi nella sotterranea hanno avuto il loro bel daffare per riportare la situazione alla calma. Prima di tutto hanno dovuto cercare di convincere chi era già sulle carrozze a scendere. Poi far risalire tutti in superficie dove Atm aveva attivato un servizio sostitutivo di autobus per smistare i viaggiatori. Nella confusione sarebbero anche scoppiate discussioni e liti, qualcuna trascesa in rissa. Anche se poi non risultano feriti assistiti nei pronto soccorso cittadini. Nel frattempo il treno con le porte aperte ha potuto partire, ovviamente vuoto, sgomberando la linea. E solo alle 20.30, Atm e Questura potevano finalmente, a marocchini ormai sulla via di casa, dare il fatidico «cessato allarme».

martedì 22 aprile 2014

Di micetti al sole


I criminali dello spesometro

Acquisti sopra quota 3.600 euro. Via ai controlli dello «spesometro». Lo strumento serve al Fisco per misurare il tenore di vita dei contribuenti e la congruità con il reddito dichiarato. Per commercianti e banche oggi la prima scadenza di Isidoro Trovato

Attenti a gioielli, automobili, accessori di lusso e mobili. Tra qualche giorno il Fisco saprà se l’anno scorso avete comprato qualche articolo di lusso, e se la cosa non sarà congrua con quanto dichiarate ve ne chiederà spiegazioni. Stanno infatti per scattare (la prima da oggi) le scadenze per lo spesometro, lo strumento utilizzato dall’Agenzia delle entrate per tracciare il profilo del reddito reale venendo a conoscenza degli acquisti effettuati nel 2013 per un importo pari o superiore a 3.600 euro. Due le date di riferimento: il 22 (oggi) e il 30 aprile. La prima scadenza riguarda chi liquida l’Iva ogni tre mesi, mentre il 30 aprile toccherà agli operatori finanziari attraverso i quali passano i pagamenti per acquisti dai 3.600 euro in su effettuati con carta di credito e bancomat. Bisognerà comunicare all’Agenzia delle entrate sia le prestazioni rese che ricevute. I commercianti, per esempio, dovranno comunicare tutte le vendite emesse con fattura. Ma non basta: nel caso dei commercianti al dettaglio, lo spesometro scatta solo se le operazioni per le quali non c’è l’obbligo di fattura (ma documentate da scontrino o ricevuta fiscale) hanno un importo pari o superiore ai fatidici 3.600 euro. Per questo chi compra automobili, gioielli, abbigliamento e accessori di lusso o chi paga viaggi costosi o iscrizioni a club sportivi finirà sotto la lente d’ingrandimento del Fisco. I commercianti, le imprese e gli operatori finanziari che venderanno questi beni sono obbligati a comunicarlo al Fisco. Sono esonerate dallo spesometro le cessioni all’esportazione effettuate dalle imprese, le importazioni e gli acquisti intracomunitari che sono già soggetti ad altre rilevazioni da parte dell’anagrafe tributaria.

Si tratta di una serie di informazioni che affluiscono all’Agenzia delle entrate formando una banca dati dettagliata, capace di fornire un identikit, ad esempio, di un’azienda: le banche con cui opera, i partner commerciali e i fornitori con cui lavora, facendo emergere anche eventuali evasori totali. Lo spesometro diventa uno strumento di controllo anche per i contribuenti per i quali viene testato il tenore di vita (gli acquisti oltre 3.600 euro) e la sua congruità con il reddito dichiarato. Non bisogna dimenticare infatti che quella attuale è una versione modificata dello spesometro che nel 2010 riguardava le spese da 25 mila euro in su, una «taglia» ritenuta troppo alta per stilare delle griglie fedeli al reale. Aldilà delle operazioni certificate da scontrini o ricevute, lo «scoglio» più arduo dello spesometro riguarderà le comunicazioni relative alle operazioni fatturate (indipendentemente dall’importo). Un compito che riguarderà tutti a eccezione delle agenzie di viaggio e dei commercianti al dettaglio per cui, solo per il 2013, vale la fatidica soglia dei 3.600 euro. Discorso a parte meritano le banche e gli operatori finanziari: il 30 aprile di ogni anno dovranno comunicare i dati delle operazioni Iva (non inferiori a 3.600 euro) effettuate l’anno precedente attraverso carta di credito o bancomat. Gli operatori dovranno comunicare al Fisco i dati di chi ha sostenuto l’acquisto, gli importi della transazione, la data e il codice fiscale dell’operatore attraverso il quale è avvenuto il pagamento elettronico. Le società di leasing e di noleggio che compilano l’apposita dichiarazione sono esonerate dallo spesometro. Chi utilizza invece i beni a noleggio o in leasing avrà già effettuato la dichiarazione polivalente la cui scadenza era il 10 aprile scorso.

Neanche le imprese agricole sfuggono alla lente dello spesometro sia nel ruolo di acquirenti che di venditrici. Da oggi 22 aprile anche le imprese agricole in regime di esonero Iva (volume d’affari dichiarato nel 2012 non superiore a 7 mila euro) dovranno comunicare all’Agenzia delle entrate l’elenco di clienti e fornitori utili ai fini dello spesometro. Alcune delle comunicazioni delle imprese agricole sono quelle che aiutano a individuare le spese sostenute dai contribuenti e rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico: per esempio le spese nei ristoranti o negli agriturismi. Ma l’agricoltore può essere a sua volta oggetto di attenzioni in base alle spese che sostiene. In questo caso l’esempio limite riguarda il terreno che è contemporaneamente un investimento e un bene strumentale. Per questo l’agricoltore deve sempre essere in grado di fornire la provenienza delle somme utilizzate per l’acquisto. Altra particolarità del settore agricolo riguarda abitazioni e automobili: si tratta di beni che non è facile assegnare alla sfera personale o a quella lavorativa. Per questo le case situate su un fondo agricolo e utilizzate come abitazioni non dovrebbero essere acquisite per intero come fonti di presunzione di reddito a carico dell’acquirente.

Sul decreto lavoro

Dl Lavoro alla Camera, governo mette fiducia. Ncd: “Votiamo, ma sarà battaglia”. E' la prima parte del Jobs Act, quella su contratti a termine e apprendistato. Il governo vuole evitare ulteriori modifiche rispetto a quelle varate dalla commissione competente. Poletti: "Serve risposta urgente per rilanciare l'occupazione". Ma Nuovo Centrodestra e Scelta Civica sono per ripristinare la versione originaria. Santanchè (Fi): "Litigano sul dramma del Paese"

Alla fine il governo ha deciso: sul primo tassello del decreto Lavoro in esame alla Camera sarà messa la fiducia. Una mossa che non ha tenuto conto delle rimostranze degli alleati del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, che in mattinata hanno minacciato di non votare il provvedimento in mancanza di un accordo. ”Voteremo la fiducia”, ha fatto sapere Nunzia De Girolamo, capogruppo Ncd alla Camera, “ma non rinunciamo a dare battaglia al Senato per difendere il decreto”. Solo qualche ora prima invece, il Nuovo centrodestra lanciava ultimatum: “O accordo di maggioranza oppure salta tutto”, aveva detto Maurizio Sacconi. Ncd, insomma, ha minacciato lo strappo, cosa che non ha turbato più di tanto Matteo Renzi, che invece “vuole correre come un treno”. La testimonianza plastica è arrivata dall’annuncio della fiducia sul provvedimento: “Faremo maggiori approfondimenti con il passaggio al Senato” ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza, dopo il vertice di maggioranza durato più di due ore. Nessuna intesa al vertice di maggioranza sul decreto Lavoro. I ministri Boschi e Poletti hanno tentato una mediazione ma, a quanto si apprende, non si è raggiunto un accordo sulle modifiche: Ncd voleva modifiche sulle sanzioni per l’apprendistato e il Pd che scendesse da 5 a 4 il numero dei contratti a termine.

Critici anche Scelta Civica e Forza Italia. Il partito di Angelino Alfano chiedeva il “ripristino” del testo originario, cioè quello arrivato in Commissione lavoro a Montecitorio e emendato dalla sinistra del Partito democratico. Quello che è in discussione alla Camera oggi è la prima parte del Jobs Act: quella che riguarda la semplificazione sul fronte dei contratti a termine. Commissione che ha, tra l’altro, ridotto da otto a cinque il numero di possibili proroghe del contratto a tempo determinato nell’arco di 36 mesi. L’Aula della Camera ha respinto, con 22 voti di scarto, la richiesta di rinvio del testo in Commissione chiesta dal Movimento 5 stelle, con parere contrario del relatore della maggioranza Carlo Dell’Aringa.

Il decreto è benedetto dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan (“Porterà maggior occupazione”), ma l’entusiasmo potrà poco di fronte allo scontro che si gioca dentro la maggioranza: se la fiducia potrebbe essere blindata a Montecitorio, i numeri per il premier traballano a Palazzo Madama. La crisi viene dal gruppo di Angelino Alfano, che deve fare i conti con il suo Ncd in ebollizione: “Angelino è succube del premier”, sono i lamenti tra deputati e senatori. Così il decreto lavoro rischia di essere la prova per dimostrare “indipendenza di pensiero” dal presidente del Consiglio e ricompattare il Nuovo centrodestra in vista delle elezioni.  ”Al momento”, ha commentato a Coffee Break il deputato Fabrizio Cicchitto, “non c’è accordo sul decreto lavoro, noi non lo votiamo. È un passo avanti rispetto alla riforma Fornero ma la proposta era migliore prima del passaggio in commissione. All’interno del Pd c’è una discussione aperta sul tema e siamo in attesa di chiarimenti“. Molto critica anche Scelta civica: fuori dal Pd si è coalizzato un fronte – interno alla maggioranza – contrario alle correzioni volute soprattutto dalla minoranza Dem e approvate in Commissione, che “avrebbero stravolto il testo originale”.

Nei giorni scorsi era circolata la notizia di una lettera di una fronda Ncd polemica con le scelte del leader. I senatori hanno subito smentito con un comunicato, ma secondo alcune ricostruzioni la rottura continua. “Altro che malumori”, aveva commentato Maurizio Sacconi, presidente Ncd a Palazzo Madama in un’intervista a il Mattino, “da parte nostra c’è un vero e proprio dissenso”. E dopo la notizia della fiducia ha aggiunto: “Al Senato noi ci comportiamo diversamente dal presidente Cesare Damiano e dalla minoranza Pd della commissione. Cercheremo mediazioni e accordi. Continueremo a lavorare in difesa del governo dal Pd”.

Annuncia guerra sul tema anche Forza Italia. Mentre Renato Brunetta chiede il ritorno al testo originario “sul quale eravamo d’accordo”, Giovanni Toti attacca le modifiche del Partito democratico. “Ancora una volta”, ha detto in un’intervista a “Studio Aperto”, “nel Pd prevale un’impostazione ideologica.Era stato fatto un decreto che flessibilizzava il mondo del lavoro dopo i tanti danni fatti dalla legge Fornero, oggi si torna indietro, come spesso fa il Pd: si limita la flessibilità e si peggiora il lavoro fatto fino ad esso”. Attacco duro della deputata Daniela Santanchè: “Continuiamo ad assistere sbigottiti all’incartamento interno al Pd e tra Pd e Ncd sul dl lavoro. E’ incredibile e indecente che i partiti che si sono autoproclamati salvatori del Paese non abbiano le idee chiare su come affrontare il primo e più urgente dramma vissuto dagli italiani. Forza Italia non ci sta. Agli italiani che hanno perso fiducia diciamo: non vi lasceremo soli. Dobbiamo reagire”.

Il ministro Giuliano Poletti ha dato il proprio ok dicendo che i ritocchi “non stravolgono” e anzi “rispettano i contenuti fondamentali” del decreto. L’obiettivo del governo è quello di ottenere rapidamente il via libera dell’aula di Montecitorio, perché, ha ricordato Poletti, serve “una risposta urgente alla necessità di rilanciare l’occupazione semplificando il ricorso al contratto a tempo determinato ed all’apprendistato”. Tanto più, probabilmente, dopo i dati di ieri sulle famiglie prive di qualsiasi fonte di reddito. Non solo: l’altra urgenza consiste nel fatto che il Dl (il numero 34 del 2014) scade il 19 maggio, alle porte considerati i prossimi ponti e festività che rallenteranno l’iter parlamentare. Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, ha sollecitato un’approvazione rapida, anche tramite la fiducia, per rispettare le scadenze, rivendicando che “le correzioni migliorano il Decreto ed ampliano in modo significativo la flessibilità a disposizione delle imprese senza cancellare i diritti dei lavoratori”.

Proprio sulle disposizioni che riguardano contratti a tempo e rapporti di lavoro finalizzati alla formazione si sono concentrate le modifiche al testo originale. I primi, come già visto, potranno essere prorogati al massimo cinque volte. Il congedo di maternità sarà conteggiato ai fini del ‘diritto di precedenza’ per l’assunzione a tempo indeterminato ma anche per i rapporti a termine che inizino nei 12 mesi successivi. I lavoratori con contratti a tempo determinato non potranno essere più del 20% rispetto a quelli “stabilizzati”. La sanzione prevista per chi non rispetta la regola è l’assunzione: “I lavoratori assunti a termine, in violazione del limite percentuale, sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione del rapporto di lavoro”. Quanto all’apprendistato, quello pubblico torna obbligatorio, ma l’offerta dovrà essere garantita dalle regioni entro 45 giorni. Le norme saranno applicate sui nuovi contratti e chi oggi si trova fuori dalle regole avrà tempo fino al 31 dicembre per adeguarsi.

lunedì 21 aprile 2014

L'europa se ne frega

Sbarchi: l'Italia implora, l'Europa se ne frega. Londra e Berlino potranno espellere cittadini europei rimasti senza lavoro per più di tre mesi. Roma invece non può nemmeno rimpatriare i clandestini. Ma c'è chi a questa schizofrenia è pronto a ribellarsi: sostieni il reportage L'Europa ribelle di Gian Micalessin

I migranti arrivati dalla Libia l'Italia se li deve tenere. E tacere. Londra e Berlino possono invece studiare nuove leggi che permetteranno l'espulsione forzata dei cittadini europei rimasti senza lavoro per più di tre mesi. Leggi inflessibili che consentiranno ai "bobbies" londinesi di rispedire a casa un italiano rimasto per più di dodici settimane nel Regno Unito. E ai poliziotti italiani di far lo stesso con un disoccupato tedesco in viaggio per l'Italia da più di un trimestre. Rispedire al mittente gli immigrati extracomunitari resterà invece un inaffrontabile tabù.

La paradossale prospettiva è un'altra conseguenza delle schizofrenie europee e dal ruolo irrilevante giocato a Bruxelles dai governi italiani. Per capirlo basta leggersi l'articolo del quotidiano britannico Daily Mail dello scorso 28 marzo in cui si saluta l'intesa raggiunta da Angela Merkel e David Cameron per introdurre una nuova legislazione europea checonsenta l'espulsione, come si legge nel titolo, degli "immigranti europei disoccupati". Dietro l'intesa sollecitata da Cameron si nascondono le preoccupazioni politiche di un premier alle prese con la rabbia dei disoccupati britannici licenziati per far posto ai lavoratori a basso costo in arrivo dalle frontiere orientali dell'Unione Europea. L'intesa, pretesa da Cameron per evitare una devastante emorragia di voti alle prossime elezioni europee e gentilmente concessa da una Merkel preoccupata da un addio inglese a Bruxelles, si estenderà naturalmente a tutti i paesi dell'Unione. "Cameron lavorerà ad un piano per deportare gli immigranti illegali che non riescono a trovare un lavoro. Ma i piani tedeschi - spiega il Daily Mail - andranno oltre dando agli stati membri il diritto di buttare fuori chi non lavora. Le proposte sono la prova - ha detto Cameron - di come i principali leader europei si stiano rendendo conto della necessità d'imporre maggiori restrizioni alla libertà di movimento in Europa".

Le proposte, in palese contraddizione con le politiche assai meno severe adottate per frenare l'immigrazione illegale extra europea, sono l'ennesima dimostrazione dell'indifferenza dei nostri partner europei sordi anche alle recenti implorazioni dei ministri del governo Renzi. L'ultima è quella del ministro della difesa Roberta Pinotti che ricorda come sia sbagliato lasciare solo all’Italia l’alto costo del flusso in crescita di clandestini. "Se è un problema europeo - dichiara il ministro - non si può pensare che sia solo l’Italia a farsene carico nel Mediterraneo. Mare Nostrum dà soccorso e sicurezza, l’Europa non scarichi i costi solo sull’Italia. Frontex stanzia complessivamente 7 milioni e noi, solo in un mese, ne spendiamo 9 per Mare Nostrum". Una settimana prima il ministro dell'interno Angelino Alfano aveva ricordato alla Commissione Schengen come gli oltre 20mila migranti approdati in Italia dall'inizio dell'anno, a fronte dei 2500 dello stesso periodo di un anno fa, rappresentino un'emergenza senza precedenti, paragonabile a quella del 2011 quando primavere arabe e conflitto libico spinsero in Italia 62mila clandestini. Dopo aver snocciolato queste cifre e aver ricordato i 300mila euro al giorno (9 milioni di euro al mese) spesi dall'Italia per tener in piedi l'operazione Mare Nostrum il ministro aveva sollecitato un "indispensabile ulteriore concorso dell'Europa".

Per valutare l'attenzione e l'interesse riservati dagli "amici" europei ad Alfano è bastato attendere il 17 aprile quando l'Europarlamento ha votato la nuova legge che vieterà ai paesi membri qualsiasi operazione di respingimento in alto mare dei clandestini. Grazie a quella legge nessuna guardia costiera europea potrà rimandare indietro le barche usate dai trafficanti di uomini, ma potrà soltanto "avvertire il natante e ordinargli di non entrare nelle acque territoriali di uno Stato membro". Un voto scontato se si pensa alle critiche europee ad una politica dei respingimenti incapace di distinguere tra clandestini e migranti con diritto d'asilo. Un voto paradossale se si pensa a come nella stessa seduta, svoltasi 48 ore dopo l'appello di Alfano, il Parlamento europeo abbia tranquillamente ignorato quanto sta avvenendo sulle nostre coste. Del resto come dargli torto. Quando si trattò di varare l'operazione "Mare Nostrum" il governo Letta si guardò bene dal discutere con gli alleati europei un'equa ripartizione dei 19mila esseri umani salvati, ad oggi, dalle nostre navi. E così ora l'Europa non si fa problemi a lasciarci sia l'onere del salvataggio che quello del mantenimento. Tanto noi, a differenza di Cameron e degli inglesi, dall'Europa non ci muoviamo.

Al mare

Gli incapienti che renzi fonzie ignora...

Un milione di famiglie senza reddito da lavoro. I dati allarmanti dell'Istat: in 1,3 milioni di famiglie entrambi i genitori sono disoccupati. Raddoppia la spesa low cost. E Unimpresa boccia il bonus da 80 euro tanto sbandierato da Renzi: "Servono piuttosto interventi strutturali" di Sergio Rame

Oltre un milione di famiglie è senza reddito da lavoro. Elaborando i dati del 2013 l'Istat scatta un'allarmante fotografia di quelle famiglie i cui componenti "attivi" che partecipano al mercato del lavoro sono disoccupati. Un numero esorbitante di nuclei che non possono contare sulla busta paga per riuscire a tirare a fine mese. Alcuni di questi possono contare su altre entrate, ma vanno a ingrossare quell'ampia fetta di incapienti che la crisi economica ha messo in ginocchio. Domani comincerà la discussione sul decreto lavoro, uno dei punti cardine delle riforme volute dal premier Matteo Renzi. E, mentre il Pd si divide sul testo che dovrà essere votato, la crisi continua a mietere vittime. Secondo il report redatto dall'istituto di statistica, infatti, sarebbero 1 milione e 130mila nuclei famigliari a non avere alcun reddito da lavoro. Si tratta quindi di "case" dove non circola denaro, ovvero risorse che abbiano come fonte il lavoro. Magari possono contare su redditi da capitale, come le rendite da affitto, o da indennità di disoccupazione, o ancora da redditi da pensione, di cui beneficiano membri della famiglia ormai ritiratisi dal lavoro attivo. Tra questi quasi mezzo milione (491mila per l'esattezza) sono coppie con figli, mentre 213mila sono monogenitore. In una intervista a Repubblica Renzi ha ammesso che nel bonus contenuto nel Def c'è una "debolezza" di forma: "80 euro dati a un single hanno un impatto diverso rispetto a un padre di famiglia monoreddito con 4 figli. Dobbiamo porci questo problema. L’Italia non si può permettere il lusso di trattare male chi fa figli". Per il momento, però, quelle del premier restano promesse che lasciano il tempo che trovano. Il numero delle famiglie dove tutte le forze lavoro sono in cerca di occupazione è cresciuta del 18,3% rispetto al 2012 (+175mila unità in termini assoluti). E nel confronto con due anni prima il rialzo supera il 50%, attestandosi precisamente al 56,5%. Questi dati si riflettono, inevitabilmente, sui consumi. Le famiglie italiane inseguono sempre di più risparmi e promozioni: cinque italiani su sette hanno provato almeno una volta i discount nel primo trimestre del 2014 confermando una tendenza cresciuta con la recessione e consolidatasi nel 2013. Secondo Unimpresa, infatti, il bonus da 80 euro è una tantum che non aiuta la ripresa. Piuttosto servirebbero interventi strutturali. "La recessione ha ormai radicalmente alterato le abitudini al supermercato - interviene l’associazione - il 71,5% degli italiani fa economia e così rispetto al primo trimestre dello scorso anno sono più che raddoppiati, tra gennaio e marzo, gli acquisti di offerte speciali".

sabato 19 aprile 2014

I miei auguri di...



Qualche dato...

Lavoro, Cgil: “Boom di richieste di Cig. Nel 2014 coinvolti 520mila lavoratori”. Sono oltre 100 milioni le ore di cassa integrazione registrate lo scorso mese, ben più degli 80 milioni conteggiati in media da gennaio 2009 ad oggi. La diminuzione del reddito è stata di 1 miliardo, pari a 1.900 euro netti in meno a lavoratore

Forte aumento della richiesta di ore di cassa integrazione. Con oltre 100 milioni di ore registrate lo scorso mese, ben oltre le 80 milioni di ore mediamente conteggiate a partire da gennaio 2009 ad oggi, la cig aumenta in tutti i suoi segmenti: ordinaria, straordinaria e deroga. Dietro questa mole di ore sono coinvolti da inizio anno circa 520mila lavoratori che hanno subito un taglio del reddito per 1 miliardo di euro, pari a 1.900 euro netti in meno per ogni singolo lavoratore in busta paga. Ad affermarlo sono le elaborazioni delle rilevazioni Inps effettuate dall’Osservatorio cig della Cgil Nazionale nel rapporto di marzo. “Lo stato in cui versa il nostro sistema produttivo, insieme alla condizione dei lavoratori, continuano ad essere una seria e drammatica emergenza da affrontare”, spiega il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada. “Al netto degli interventi fiscali il paese ha bisogno di una prospettiva che non può non prescindere dalla difesa e dalla valorizzazione del lavoro e della produzione” aggiunge. Per questo, secondo la Cgil “vanno contrastate operazioni di ulteriore frammentazione del mercato del lavoro, così come vanno immediatamente sbloccate le risorse per gli strumenti di sostegno in deroga. Ma deve essere al più presto – sostiene Lattuada – messo in campo un grande piano di investimenti, a partire da quelli pubblici fino a quelli privati, che si occupi di creare lavoro. La sola via, il solo modo per offrire al paese una prospettiva”.

Dall’analisi di corso d’Italia si rileva come il totale di ore di cassa integrazione a marzo sia stato pari a 100.136.978 di ore richieste e autorizzate. Un dato in aumento sul mese precedente del +20,28% mentre è in calo l’insieme del primo trimestre, pari a 264.755.636 di ore, del -1,16% sui primi tre mesi dello scorso anno. Nel dettaglio emerge che la cassa integrazione ordinaria (cigo) aumenta a marzo su febbraio del +16,32%, per un totale pari a 27.379.903 di ore. Da inizio anno la cigo invece ha raggiunto quota 76.696.078 di ore per un -23,43% sul periodo gennaio-marzo del 2013. La richiesta di ore per la cassa integrazione straordinaria (cigs), sempre per quanto riguarda lo scorso mese, è stata di 45.491.245 per un +17,07% su febbraio mentre il primo trimestre dell’anno totalizza 128.212.748 ore autorizzate per un +10,21% sullo stesso periodo dello scorso anno. Infine la cassa integrazione in deroga (cigd) ha registrato a marzo un deciso aumento sul mese precedente pari a +30,71% per 27.265.830 ore richieste. Nei primi tre mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo dello scorso, la crescita della cigd è stata del +14,56% per un totale di 61.846.810. Cresce il numero di aziende che fanno ricorso ai decreti di cigs. Da gennaio sono state 1.901 per un +20,70% sullo stesso periodo del 2013 e riguardano 3.667 unità aziendali (+36,37% sull’anno passato). Nello specifico si registra un aumento dei ricorsi per crisi aziendale (953 decreti per un +3,36%) che rappresentano il 50,13% del totale dei decreti. Diminuiscono invece le domande di ristrutturazione aziendale (52 in totale da inizio anno per un -5,45% sullo stesso periodo del 2013) mentre aumentano quelle di riorganizzazione aziendale (54 per un +10,20%).

“Gli interventi che prevedono percorsi diAumenta reinvestimento e rinnovamento strutturale delle aziende – sottolinea lo studio della Cgil – continuano ad essere irrilevanti, pari al 5,58% del totale dei decreti. Un segnale evidente, eppure sottovalutato, del processo di deindustrializzazione in atto nel Paese”.

giovedì 17 aprile 2014

Ebola? Quale problema, siamo attrezzati...

Ebola e Tbc sbarcano con gli immigrati. La carenza di controlli sulle navi mette a rischio contagio i militari. Ma la Marina rassicura: "Siamo preparati" di Pier Francesco Borgia

Roma - Tre circolari del ministero della Salute in quindici giorni. L'ultima, martedì. Tutte con lo stesso argomento in oggetto: «Misure di sorveglianza per contrastare la diffusione dell'Ebola». E in tutte i toni sono piuttosto allarmati.E da un punto di vista ufficiale, tali misure sono concentrate sui «punti internazionali d'ingresso»: porti, aeroporti, frontiere. Ma l'operazione Mare Nostrum ha - nella sostanza - esteso questi «punti internazionali d'ingresso» a tutto il Mediterraneo. E in prima linea ci sono gli uomini della Marina militare e delle Capitanerie. Sono loro che accolgono, recuperano, salvano i migranti che a frotte arrivano nella Penisola. Le loro uniche protezioni sono guanti in lattice e mascherina. Bastano a fermare l'Ebola? Un ufficiale di rango preferisce non scendere in dettagli. «Ci hanno spiegato - dice - che i migranti che soccorriamo non possono essere infetti da Ebola. La malattia ha un'incubazione di 21 giorni. Quindi, quelli che imbarchiamo sui nostri mezzi al centro del Mediterraneo non possono averla. Chi l'ha contratta nei paesi in cui è stata segnalata l'epidemia è già morto prima di imbarcarsi dalle coste libiche». E se un contagiato l'avesse trasmessa durante il periodo in attesa dell'imbarco, prima di morire? La domanda cade nel vuoto. «Il contagio è improbabile», ripete. «Comunque - aggiunge - il migrante che segnala febbre alta e astenia viene messo subito in isolamento».

Il ministero della Salute, comunque, in chiave anti-ebola chiede alla Marina militare ed alle Capitanerie di imbarcare sulle proprie navi «barelle di alto bio-contenimento»: «Il cui impiego potrebbe essere necessario per il trasporto di pazienti all'interno del territorio nazionale, sui vettori aerei ad ala fissa o rotante». Ma il problema più serio per gli uomini della Marina non sono i migranti a bordo dei barconi, sono quelli che vengono portati a terra dai mercantili. L'alto numero (in tre giorni ne sono arrivati 6mila) e la mancanza di controlli preventivi operati a bordo delle navi militari, fa di questi migranti un evidente rischio epidemiologico. Insomma, il rischio che qualche migrante possa sfuggire al calcolo probabilistico legato ai tempi d'incubazione dell'Ebola c'è eccome. Tant'è che il ministero invita l'Enac a informare le compagnie aeree delle «procedure nazionali per l'evacuazione medica ed il trasporto in alto bio-contenimento di persone affette, o sospette di essere affette, da malattie infettive contagiose». Evacuazione medica - precisa la circolare della Salute - che deve essere effettuata anche senza ricorrere ai velivoli dell'Aeronautica militare. E proprio all'Aeronautica, il ministero della Salute chiede di verificare la possibilità di caricare sui propri mezzi «ambulanze ad alto isolamento in dotazione all'Istituto per le Malattie infettive Lazzaro Spallanzani». Ma a preoccupare non è solo l'Ebola, che potrebbe non arrivare (sempre per il famoso calcolo probabilistico), ma anche la tubercolosi. Negli ultimi anni la diffusione della Tbc è aumentata di quasi il 50 per cento: da 4 a 6mila casi all'anno. Era stata praticamente debellata negli anni Ottanta, per poi tornare a crescere. La causa della diffusione è la crescente immigrazione da paesi ad alta endemia. Non solo. La terapia seguita (massicce dosi di antibiotici) sta selezionando ceppi batterici che diventano sempre più resistenti alle cure. E anche questi malati vengono accolti da marinai dotati solamente di guanti in lattice e mascherine.

mercoledì 16 aprile 2014

Pur di avere il culo su quello scranno...

Immigrazione, scontro alla Camera tra Alfano e la Lega. La Lega chiede al governo di fermare gli sbarchi. Ma Alfano non ci sta: "Non siamo la repubblica delle banane". E in Aula scoppia la bagarre di Sergio Rame

La voce si incrina, perché sale di tono, quando Angelino Alfano si rivolge verso i banchi della Lega. "Noi non barattiamo i morti per un uno per cento alle elezioni - tuona il ministro dell'Interno - questa è la differenza tra il grande Paese occidentale che siamo e una repubblica delle banane". È uno dei momenti salienti del braccio di ferro verbale sull'emergenza immigrazione. Da mesi i clandestini stanno prendendo d'assalto le coste siciliane anche grazie all'indifferenza dell'Unione europea e all'impotenza del governo italiano. I lumbard non ci stanno. E, mentre il titolare del Viminale riferisce alla Camera, espongono i cartelloni "Alfano dimettiti" e "Alfano ministro dei clandestini". È uno scontro durissimo. Tanto che la presidente della Camera Laura Boldrini si vede costretta a sospendere la seduta dopo aver espulso il leghista Emanuele Prataviera.

Il braccio di ferro va avanti da settimane. Le politiche messe in campo dal governo non funzionano. Gli sbarchi non si arrestano e decine di migliaia di immigrati clandestini si riversano sulla penisola, nel tentativo di raggiungere il Vecchio Continente. Extracomunitari che adesso affollano strutture di prima accoglienza fatiscenti e che, come denuncia la stessa Lega Nord, rischiano di portare nuove malattie nel Belpaese. Un'emergenza che il governo Renzi sembra ignorare. Lo stesso Alfano oggi ha ricordato che, dall'inizio dell'anno, l’Italia ha già salvato 19mila immigrati. E ai parlamentari della Lega, che ne chiedevano le dimissioni del titolare del Viminale, ha ribadito essere certo di "non voler far morire mai delle persone in mare per 500mila voti in più della Lega". "L’Italia è o no una grande nazione?", ha chiesto provocatoriamente Alfano rivendicando per sé l’obbligo di "garantire la sicurezza e l’accoglienza".

Contro Alfano, che rifiuta il reato di clandestinità come risoluzione al problema dell'immigrazione di massa, si scaglia anche Umberto Bossi. Che, parlando coi cronisti in Transatlantico, tuona: "Alfano deve rimediare alla situazione. Se da gennaio ad ora sono aumentati gli sbarchi, il governo deve fare una politica per frenarli, deve parlare con i governi". Ma delle preoccupazioni del Carroccio Alfano non vuole sentir ragioni: "I colleghi della Lega hanno avuto gli scatti dei fotografi, ora posso continuare". Così per protesta, quando la seduta è ripresa, i deputati leghisti non sono voluti rientrare in Aula.

Sallusti, D'Alema e Berlusconi

Il rigore prescritto di D'Alema. Se c’è uno che non è stato trattato da "normale cittadino" que­sto è proprio D’Alema. Prova ne è il caso di Affit­topoli: casa di lusso ad affitto ridicolo da ente pubblico, al­la faccia dei poveri cristi "nor­mali cittadini" di Alessandro Sallusti

Per Silvio Berlusconi può iniziare l'affidamento in prova per scontare la pena del processo Mediaset. Per nove mesi, una volta alla settimana, svolgerà servizi sociali presso una casa per anziani del Milanese. Per il resto, con qualche restrizione, potrà condurre la sua attività politica di sempre. Così ha deciso ieri il Tribunale di sorveglianza di Milano. La decisione non è piaciuta a Massimo D'Alema, che ha commentato: «Normali cittadini vanno in prigione per reati minori». Onestamente non conosco casi di normali cittadini che all'alba degli 80 anni scontano nove mesi di condanna chiusi in carcere. Ma, ignoranza a parte, chiedo a D'Alema: un «normale cittadino» che incastrato dai magistrati ammette di aver incassato e girato al partito una tangente da 20 milioni di lire deve restare a piede libero? E se questo «cittadino» fosse anche un politico, potrebbe continuare a farlo? Già, perché D'Alema non ha pagato il conto, né giudiziario né politico (è addirittura diventato primo ministro) per quella mazzetta presa nel 1985: guarda caso quel reato, più che provato, finì in prescrizione. Quindi se c'è uno che non è stato trattato da «normale cittadino» questo è proprio D'Alema. Del resto lui stesso da sempre non si tratta da «normale cittadino», prova ne è il caso di Affittopoli: casa di lusso ad affitto ridicolo da ente pubblico, alla faccia dei poveri cristi «normali cittadini».

Colpisce poi che il rigore morale di D'Alema non sia emerso con forza quando il compagno Penati, ex presidente della Provincia di Milano e segretario di Bersani, venne beccato a intascare mazzette. Un «normale cittadino», ma direi anche un «normale politico» sarebbe finito diritto in carcere. Penati l'ha sfangata: niente cella, niente condanna. Altra prescrizione, nel silenzio di D'Alema. E per ultimo ricordo a D'Alema un altro caso di «non normale cittadino» che gli è sfuggito. Quello della tessera numero uno del Pd, Carlo De Benedetti. Nel 1993 ammise di aver pagato 10 miliardi di lire in tangenti a partiti e funzionari per ottenere dallo Stato un appalto per la sua azienda, la Olivetti. Roba da prigione per chiunque. Finì con un'ora, dicasi un'ora, di fermo in carcere e una assoluzione per prescrizione. Ha ragione D'Alema. Non tutti i cittadini sono uguali. Soprattutto se si chiamano Silvio Berlusconi: 43 processi in 18 anni sono davvero un trattamento speciale.

Eppure i soldi li aveva...

Taglio Irpef, Renzi a caccia di 150 milioni dal recupero dei canoni Rai evasi

Il governo sta studiando un provvedimento per il recupero dell’evasione del canone Rai, da inserire nel decreto per gli 80 euro in busta paga. Secondo quanto riferisce l’Ansa, l’introito eventualmente recuperato, stimato intorno ai 300 milioni di euro, andrebbe per metà al Tesoro e per metà alla Rai. Tra le ipotesi allo studio, per dare garanzie alla Corte dei Conti sul recupero di risorse che andrebbero a finanziare i provvedimenti annunciati dal governo, c’è la possibilità di legare il pagamento del canone non più alla detenzione dell’apparecchio, ma o al pagamento della bolletta elettrica o – e questa sarebbe a quanto risulta la soluzione caldeggiata dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli e da Viale Mazzini – al nucleo familiare. Le risorse recuperate andrebbero per metà al Tesoro e per metà alla Rai. Il recupero potenziale, secondo il dossier allo studio del governo, è di 600 milioni di euro e riguarda il 26,5% dei nuclei familiari (pagano attualmente il canone il 68,7% dei nuclei, pari a 16 milioni e mezzo, con un gettito complessivo di 1,7 miliardi di euro). Il recupero stimato è però di 300 milioni di euro, che sarebbe appunto diviso a metà tra Tesoro e Rai. Il gettito che arriverebbe nelle casse pubbliche sarebbe quindi di 150 milioni. Sul canone speciale, in particolare, si prevede un recupero di 100 milioni di euro.

martedì 15 aprile 2014

Le preziose risorse di Boldrini e Scola

Invasione senza fine: 20mila migranti arrivati in 4 mesi. Il ministro dell'Interno Alfano: "Domande di asilo aumentate del 140% rispetto all'anno scorso" di Luca Romano

"Dall’inizio dell’anno sono arrivati 20.500 migranti". Numeri da capogiro quelli sciorinati oggi dal ministro dell’Interno Angelino Alfano nel corso della audizione sull’immigrazione al Comitato Schengen. "L’Italia deve affrontare, sulla base della proiezione di questi dati, una pressione migratoria che sta raggiungendo quella del record degli oltre 60 mila sbarchi avvenuti nel 2011. C’è un ammassamento di centinaia di migliaia di persone su coste nord africa che vogliono arrivare in Europa", ha spiegato Alfano. Che poi ha fornito un bilancio sulla operazione Mare Nostrum: "Sono 19 mila le persone salvate in mare da quando è stata avviata l’operazione Mare Nostrum ed è difficile immaginare che tutte queste persone sarebbero rimaste vive senza questa operazione che è rilevante dal punto di vista tecnico e ha un costo di 9 milioni di euro". Per quanto riguarda invece le richieste di asilo, Alfano ha affermato che lo scorso anno sono state presentate in Italia 27 mila domande di asilo mentre nei primi tre mesi di quest’anno si è già superata quota 13 mila, con un aumento del 140% rispetto allo scorso anno. Per far fronte all’alto numero di richieste, si intende istituire una commissione per l’esame delle domande di asilo in ogni prefettura, passando così dalle attuali 20 a oltre 100.

7 anni per ogni omicidio

Kabobo condannato a 20 anni di carcere. Al 31enne ghanese, che l'11 maggio scorso uccise tre passanti a Milano, il gup ha riconosciuto la semi-infermità mentale. Il figlio di una vittima: "Pena insufficiente" di Franco Grilli

Vent'anni di carcere più tre di ospedale psichiatrico giudiziario come misura di sicurezza. Adam Kabobo, il 31enne ghanese che l'11 maggio scorso ha ucciso a colpi di piccone tre persone nel quartiere milanese di Niguarda, è stato condannato a scontare questa pena. La sentenza è arrivata in tarda mattinata. ll gup Manuela Scudieri gli ha riconosciuto la semi-infermità mentale. Era l’11 maggio scorso quando Kabobo colpì ripetutamente le vittime che non conosceva. Il giudice ha riconosciuto la tesi accusatoria e ha ritenuto il ghanese capace di intendere e volere al momento del fatto. Alle famiglie delle vittime, parti civili nel processo che si è svolto con rito abbreviato, sono state riconosciute delle provvisionali come risarcimento. "È quello che mi aspettavo dalla giustizia italiana, per quello che mi riguarda è una pena insufficiente e vedremo poi se sconterà davvero questi vent’anni". Così Andrea Masini, figlio di Ermanno, una delle tre vittime di Adam Kabobo, ha commentato con i cronisti la sentenza.

venerdì 11 aprile 2014

Su ebola

E’ apparsa su un sito web una lettera scritta da una madre, indirizzata al Prof. Clerici presidente dei Microbiologi clinici italiani. Ecco il testo integrale della lettera apparsa su Imola Oggi

Sono una Madre Italiana, figlia, sorella, cugina, nipote di medici e fin da piccola in casa a colazione abbiamo mangiato pane e prevenzione, quindi benché non sia medico, so esattamente cosa sia ebola per trasmissione diretta dell’informazione. detto ciò da quando nell’aria ho sentito la parola Ebola le mie antenne si sono drizzate e ho iniziato a monitorare la situazione su questo sito hisz.rsoe. Ad oggi dal 19 di marzo 2014 sono 5 le NAZIONI, ribadisco 5 Nazioni colpite da EBOLA, oggi tristemente si è aggiunto il Ghana. Lei lo sa meglio di me cosa questo significa, quando leggo che ci vorranno 2 o 3 mesi per fermare il contagio onestamente mi metto a ridere per non mettermi a piangere. il fatto che il virus Ebola Zaire sia arrivato in una città così grande che conta più di 1 milione di abitanti per me povera ignorante vuole dire solo una cosa: è stato perso il controllo. quando leggo che ci sono 122 infetti io leggo che quei 122 sono quelli che sono stati identificati per pura fortuna (a Firenze si dice in un altro modo) fino ad ora e che per quei 122 sotto osservazione ce ne sono con tutta probabilità altrettanti in giro ad ungere la popolazione. altrimenti mi deve spiegare come ha fatto una bambina di 12 anni in Ghana ad essere contagiata. non mi dica minestra di pipistrello o zuppa di scimmia per cortesia! Il punto è che essendo arrivato il virus in una grande città non solo si è perso il controllo della situazione, ma la cosa si complica ulteriormente perchè una città di 1 milione di abitanti con il napalm non la si può proprio trattare per ”disinfettarla” come è stato fatto al termine dell’emergenza con i villaggi rurali sparsi in mezzo al niente dove fino ad ora ebola si è manifestato.

Vogliamo parlare del centro di cura in Guinea attaccato dalla popolazione e dal quale il personale di MSF è dovuto evacuare? nelle mani di chi sono gli infetti adesso? chi si assicura che nessuno possa essere contagiato in quell’area? chi si assicura che i cadaveri vengano trattati nel giusto modo? il servizio sanitario locale? mi chiedo come mai in Africa dove a malapena in delle aree c’è l’anagrafe ci sia bisogno di MSF se c’è un così efficiente servizio sanitario! lo dica insieme a me: è stato perso il controllo. Dal presidente dei Microbiologi clinici italiani in tutta onestà una affermazione come questa proprio preferirei evitare di sentirla, altrimenti mi chiedo se vive in Italia! << L’Italia non ha voli diretti con le capitali dei Paesi attualmente coinvolti dall’epidemia>> riportata in questo link, si ho visto che ha nominato i centri di prima accoglienza ma non sarebbe forse il caso di dire che si è vero non abbiamo voli diretti da quelle zone, ma abbiamo un servizio di taxi via mare EFFICIENTISSIMO D’ECCELLENZA, e con la DEPENALIZZAZIONE del reato di clandestinità siamo la meta più attraente del momento ora che offriamo vitto alloggio e vitalizio a chi ci porta in cambio regalini come la tubercolosi!

Lei vive in Italia? lo sa che sono attesi più di 600.000 ”turisti-migranti” col servizio taxi via mare nostrum? che manco a farlo apposta arrivano proprio da quelle zone? lei dice sarebbe meglio fare attenzione? io dico sarebbe meglio interrompere MOMENTANEAMENTE l’operazione mare Nostrum perchè, a parte i vostri laboratori, voglio vedere chi della croce rossa è disposto a CONTRARRE il virus per dare la prima accoglienza e fare i primi controlli sanitari. Me lo immagino già il cordone sanitario! sarà tanto se al personale della croce rossa verranno dati dei guanti!!! figuriamoci mascherine e occhiali, i camici? i sovracamici? lavati e sterilizzati tutti i giorni suppongo! stiamo parlando di un virus ai quali infetti il personale sanitario si avvicina solo se ha una protezione altissima. E il personale militare che soccorre chi casca in acqua o prendono la mano di chi scende per farli appunto scendere? e se una goccia di starnuto di un infetto finisce nell’occhio o nella bocca di un altro? lei lo sa meglio di me, i migranti viaggiano stipati uno addosso all’altro per ore in mare e lo scambio di umori in quella situazione è più facile che mai e nei centri di accoglienza idem, IN QUELLE CONDIZIONI NE BASTA UNO INFETTO per portarci alla catastrofe. i laboratori di diagnosi una volta che il virus avrà preso piede in Italia, saranno inutili. A meno che qualcuno non stia VENDENDO la salute pubblica MONDIALE a qualche azienda del settore, a beh allora! avanti tutta mare nostrum! sono su questo mondo da 45 anni e credo di aver già visto questo film. NESSUNO VUOLE PIU’ VEDERE QUESTI FILM. Se ha un po' di AMORE per il suo Paese se non è uno dei tanti VENDUTI, si faccia sentire, faccia interrompere temporaneamente l’operazione mare nostrum. Bisogna pattugliare le acque e controllare seriamente gli aereoporti. o ci si concentra su gli aeroporti o ci si concentra sul flusso di migranti. strategicamente delle due una! quanto personale sanitario specializzato può scendere in campo ben attrezzato e munito dell’ adeguato abbigliamento per MONITORARE SERIAMENTE la situazione?

Se è un ITALIANO, se è innamorato dell’umanità invece che della poltrona, se essere il presidente dei Microbiologi clinici italiani conta qualcosa in questa spiacevole occasione, si comporti come un essere umano e difenda il POPOLO italiano. Tatticamente quanto crede che ci vorrà perchè le nazioni europee chiudano gli aeroporti? poco ci manca poco. e noi teniamo aperta l’emorragia via mare mentre chiudiamo le piccole escoriazioni che sono gli aeroporti a confronto? una volta che l’infezione arriva in Italia, la Germania, la Francia e la Svizzera chiuderanno le frontiere e gli Italiani rimangono tutti dentro lo stivale. la prego si attivi, dia la sveglia che qui mi sa che dormono tutti sulla poltrona più preoccupati dei vantaggi personali che di assicurarsi che il bene comune sia tutelato. Lei lo sa meglio di me, prevenire è meglio che curare una patologia estremamente contagiosa, fulminea, mortale 9 casi su 10, in Italia poi … dove gli ospedali sono già saturi di malati in tutti i reparti e le condizioni igieniche fanno quasi concorrenza all’Africa oramai. Ce ne sarà uno in Italia che ragiona utilizzando la testa e il cuore? io mi auguro che sia lei. Coraggio. O volete passare alla storia come coloro che per sciatteria e scelleratezza hanno diffuso la pandemia di ebola sulla faccia del pianeta? si adoperi per fermare temporaneamente qualunque sbarco, perchè gli aeroporti e i porti vengano controllati maggiormente e perchè si invii personale specializzato in Africa a dare supporto a medici senza frontiere in campo e alle frontiere.

E' possibile capire cosa succede a san rossore? 40 migranti provenienti dall’africa blindati a san rossore con febbre e congiuntivite. Ho parlato con il responsabile dell’associazione citata nell’articolo e mi ha detto che i migranti arrivano dalla Libia, mentre invece so da persone residenti nei pressi che hanno parlato con dipendenti della tenuta che i 40 migranti arrivano dal Congo e dal Mali. diciamo che qualcuno mente! perchè? magari mi sbaglio ma sa com’è a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca! la ringrazio dell’ascolto, è possibile che abbia avuto la sensazione di essere strapazzato, mi dispiace, è il compito di una Madre quello di strapazzare! Sono molto preoccupata per la situazione e ho intenzione di smuovere mari e monti perchè si capisca che abbiamo una emorragia in corso che è un filo diretto con EBOLA. un sincero saluto

Francesca Colella

martedì 8 aprile 2014

Ma non era ciò che volevano?

Fmi vede nero sull'Italia: "Nel 2015 peggio di Atene". Allarme disoccupazione. Il tasso di disoccupazione crescerà al 12,4% nel 2014. E nel 2015 il pil greco "doppierà" quello italiano di Nico Di Giuseppe

Allarme disoccupazione in Italia. Secondo le stime contenute nel World Economic Outlook (Weo) del Fondo Monetario Internazionale, la disoccupazione cresce al 12,4% nel 2014, dal 12,2% del 2013, per poi calare all’11,9% nel 2015. Come se non bastasse, quest'anno la performance dell'economia italiana sarà uguale a quella della Grecia (+0,6%). Soltanto Finlandia, Slovenia e poi Cipro (-4,8%) riusciranno a fare peggio all'interno dell'area euro. La situazione peggiorerà nel 2015 però perché Atene doppierà l’Italia: infatti il pil greco crescerà del 2,9%, mentre quello del Belpaese dell’1,1%.

Inoltre, per il Fmi, l'indice dei prezzi al consumo nel nostro paese crollerà allo 0,7% dall'1,3% del 2013 per risalire all'1% nel 2015. La ricetta del Fmi è basata su "ulteriori misure per far ripartire l'offerta di credito". Tuttavia, "la crescita dell’Italia è migliorata ma è necessario andare avanti con le riforme, soprattutto la riforma del lavoro e quella giudiziaria", ha spiegato Thomas Helbling del Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Che poi ha aggiunto: "In Italia la ripresa è in corso ma il potenziale di crescita resta basso. C’è un insieme definito di riforme strutturali per le quali il Fondo ha fatto pressioni e che comprendono riforme del lavoro, tasse sul lavoro più basse e una pubblica amministrazione più efficiente".

Ma si, suvvia, è una nuova era...

Scola: minareto sì, ma non in Duomo. Ma l’arcivescovo avverte: "Attenti a chi ci sta dietro, ai Paesi stranieri e alla lingua in cui predica l’imam" di Sabrina Cottone

Il cardinale Angelo Scola dice sì alla moschea. E anche al minareto. «Non farei grandi problemi per i minareti. Certo, purché non me lo facciano in piazza del Duomo...» sorride alla domanda dei giornalisti che lo interrogano all’Università Cattolica. Un’osservazione di buon senso legata al «rispetto della storia e della tradizione del Paese». I problemi sono altri, per esempio «chi sta dietro la moschea» e «quale lingua debba praticare l’imam». Predicatori che parlino italiano, insomma, o tradotti in italiano, perché è noto quali prediche inneggianti alla guerra santa siano partite da pulpiti milanesi in lingua araba. Ai cronisti l’arcivescovo tiene anche una piccola lezione di dottrina della Chiesa sull’accoglienza e il dialogo con le altre religioni. «La libertà di culto non è tale finché non ci sono luoghi di culto». E ancora: «La fede cattolica non ha nessuna difficoltà a dialogare con le grandi religioni, perché il dialogo interreligioso è una dimensione della fede». Fino a un’indicazione molto pratica: «Il dialogo interreligioso non è sedersi intorno al tavolo ma accogliere con apertura i musulmani che sono qui».

Ciò non significa che sia tutto rose e fiori. E che si possa autorizzare chiunque a costruire moschee e innalzare minareti. O far finta di non vedere i problemi di sicurezza, di cultura e anche di reale integrazione legati a una nuova moschea. «Vedere, prima di tutto, chi sta dietro, chi domanda la moschea e a quale condizioni la domanda - dice l’arcivescovo - . È una comunità reale, effettiva, unita, oppure è un intervento dall’esterno a opera di Paesi? Questa è una prima questione». Non è l’unica. «Le istituzioni devono avere la garanzia circa l’uso di questo luogo,per esempio quale lingua debba praticare l’imam, che cosa vuol dire fare iniziative culturali, come è tradizione presso la moschea. Sono tutti problemi che le autorità costituite devono affrontare con accuratezza». Se la moschea si trasformasse in un centro di iniziative politiche e economiche, non sarebbe più solo luogo di culto e si porrebbero questioni di opportunità serie. Che cosa succederebbe se la moschea diventasse un centro da cui partono collette per finanziare movimenti politici che possono essere anche violenti?

Un problema di attualità in un momento in cui il Comune pensa di concedere un’area pubblica al Caim, che ha al suo interno comunità come viale Jenner. Giova ricordare che uno degli imam di viale Jenner è stato condannato per terrorismo e espulso l’estate scorsa dall’Italia. Concreto il rischio di fondi in arrivo da Paesi arabi che finanziano l’estremismo. Lo stesso leader del Caim, Davide Piccardo, sponsorizza manifestazioni di sostegno ai Fratelli musulmani, sui quali il premier inglese, David Cameron, ha appena aperto un’inchiesta per sospetto terrorismo. Reazioni. Se Riccardo De Corato invita «a non strumentaliz­zare le parole dell’arcivescovo», la Lega polemizza. «Se dice sì al minareto, allora lo deve accettare in Arcivescovado» dice il capogruppo in consiglio comunale, Alessandro Morelli.

domenica 6 aprile 2014

Sulla carica dei 600 mila e sull'italia in ginocchio

Cari buonisti, siete crudeli (perché ingannate gli immigrati?) di Marcello Foa

Dunque Alfano annuncia il prossimo sbarco di 600’000 immigrati. Disperati, in cerca di una vita migliore o, forse, illusi dal mito, propagato dai media, dal cinema e dalle leggende metropolitane, di un’Europa Eldorardo dove tutto è facile, bello, e dove ci si può arricchire facilmente. Le ragioni dell’immigrazione sono molteplici, però alcuni dati sono incontrovertibili. La depenalizzazione del reato dell’immigrazione rappresenta uno straordinario incentivo per i trafficanti di uomini – autentici, moderni luridi schiavisti – che si arricchiscono sulle spalle di persone sovente ingenue. Complimenti vivissimi al governo Renzi.

L’Unione europea continua a incoraggiare – di fatto -l’immigrazione extraeuropea, promuovendo così il modello di una società multietnica, senza aver elaborato modelli di integrazione e, come sempre, senza aver chiesto ai popoli europei se queste dinamiche sono di loro gradimento. La politica di immigrazione europea è talmente contraddittoria, scriteriata e priva di buon senso che ci si può legittimamente chiedere se il vero scopo non sia quello di una destabilizzazione e di uno sradicamento identitario e culturale della civiltà europea. Sia chiaro: l’immigrazione è un fenomeno storico, inevitabile e, se gestito sapientemente, salutare. La Svizzera, la mia Svizzera, lo dimostra da sempre. Ma anche la Svizzera – unico Paese al mondo con una percentale di immigrati superiore al 20% – a un certo punto dice basta, come avvenuto in occasione della votazione del 9 febbraio.

Ecco perché la situazione dell’Italia è ancora più paradossale. Il Paese è in ginocchio, la disoccupazione è ai massimi storici, quella giovanile degna di un Paese sottosviluppato, il tessuto industriale sapientemente sradicato da economisti di straordinaria lungimiranza alla Mario Monti. E da 20 anni non è stato sviluppato un modello credibile di integrazione. La domanda sorge spontanea: cosa vanno a fare gli immigrati in Italia? Il lavoro non c’è per gli italiani, figuriamoci per loro. Lo Stato non ha più le risorse per mantenere lo stato sociale. Forse il governo Renzi e l’Unione europea vogliono cortesemente rifornire di manodopera la criminalità organizzata? La mia ovviamente è una provocazione, ma non posso non chiedermi: Che senso ha farli arrivare? Permettere loro di sbarcare significa condannarli alla disperazione. E questo nel nome di un indefinito, romantico ma nei fatti crudele buonismo…

PS Questo post è stato in parte ispirato da un lettore siciliano di 84 anni, Rocco Antonio Sergi, che mi ha inviato una lunga e appassionata lettera, che pubblico volentieri come primo contributo al dibattito.

Sugli imprenditori, sul salario minimo e sul carcere

Premesso che gli imprenditori, se non sbaglio, il salario minimo lo rispettano già, poi, un paio di riflessioni mie da bar che facevo altrove nel blog di Johnny. In ultimo, ma probabilmente non finirà qui, il viceministro (non ricordo se dell'economia o del lavoro) dice che per i datori di lavoro che non applicano il salario minimo, ci sarà la galera. Ma si, non condanniamo i magistrati e i medici che sbagliano perché, così dicono loro, potrebbero aver paura di prendere decisioni, tiriamo fuori di galera i peggio delinquenti, aboliamo il reato di clandestinità e poi, incarceriamo chi ancora può dare lavoro. Siamo allo schifo più completo...

Salario minimo, Morando: “Fare una legge. Carcere per chi non la rispetta”. Il viceministro per l'Economia ha lanciato la proposta durante il workshop Ambrosetti di Cernobbio. La sperimentazione del compenso orario minimo, comunque, è prevista nel Ddl delega appena approdato al Senato

“Si potrebbe fare alla svelta una legge sul salario minimo che preveda il carcere per i datori di lavoro che non la rispettano”. Lo ha detto il viceministro per l’Economia, Enrico Morando, al workshop Ambrosetti di Cernobbio. Ora che c’è tra sindacati e associazioni datoriali un accordo sulla rappresentanza sindacale, ha detto Morando, “si potrebbe fare una legge sul salario minimo, per cui se un imprenditore paga di meno” un lavoratore “va in galera“. La sperimentazione del compenso orario minimo è già prevista dal Ddl Delega approdato in Senato il 4 aprile, in base al quale nella fase sperimentale “sarà applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato”. E potrebbe anche essere introdotta una norma per cui “il contratto nazionale agisce solo per default, solo dove non si sia in grado di fare un accordo di secondo livello che possa derogare dal contratto nazionale”, con il solo limite della legge.

Morando poi ha definito “agghiacciante” la quantità di risorse che ogni anno vengono impiegate per il servizio al debito e il pagamento delle pensioni a persone con meno di 65 anni: “Se si sommano le risorse che dobbiamo impegnare ogni anno per far fronte agli interessi sul debito pubblico con quelle che vanno ogni anno per pagare le pensioni a persone che hanno meno di 65 anni, si raggiungono un pò più di dieci punti di Pil“. “Si tratta di scelte che dobbiamo compiere e di impegni che dobbiamo onorare, in un contesto in cui è estremamente difficile pensare che nel breve periodo questo dato possa cambiare”.

“Il lavoro del commissario Cottarelli sulla spending review”, ha detto poi il viceministro, ”è prezioso perché dimostra che la riduzione della spesa è possibile, ma la vera domanda è: abbiamo la forza politica necessaria per reggere l’urto della reazione difensiva dei larghi settori della pubblica amministrazione, ma anche dell’opinione pubblica, che sono legati alle dimensioni della spesa pubblica?”. Per questo la revisione della spesa potrà essere davvero realizzata solo se il governo avrà vita abbastanza lunga: “Sarà credibile se l’orizzonte temporale del Governo sarà il 2018, e sarà ragionevole prevedere, in caso di successo di questa prima operazione, che sia possibile che dopo il 2018, una seconda tornata di Governo caratterizzata da questa leadership sia in grado di realizzare in Italia quel lungo ciclo di Governo riformista che gli altri Paesi hanno vissuto e che l’Italia non ha mai nemmeno avvicinato”. Il taglio delle spese, in ogni caso, è imprescindibile, perché quello sull’Irpef dev’essere solo “il primo di una serie di interventi” per portare il cuneo fiscale italiano vicino alla media europea. E “per fare questa operazione non ci vogliono 10 miliardi, ma 32. Questi 32-33 miliardi devono venire in maniera prevalente dalla riduzione della spesa. Ma un’operazione di riduzione della spesa di queste dimensioni si può fare solo in 3 anni. Ma le misure vanno prese immediatamente, adesso”.

venerdì 4 aprile 2014

Sulla retata dei secessionisti

Un post di Marco Cedolin, un altro post di Nessie e poi quello di Eugenio Orso.

Secessione e repressione di Eugenio Orso

Sembra che il pericolo “anarco-insurrezionalista”, sbandierato da anni a scopo propagandistico, e la “sovversione” dei politicamente scorretti No-Tav non bastino più al potere vigente come nemici da crocifiggere. Quando la situazione sociale si fa di ora in ora più pesante, la mano ideologico-propagandistica del sistema, ma soprattutto il tradizionale pugno di ferro repressivo si spostano su obiettivi nuovi, giudicati maggiormente paganti. Se l’intontimento mediatico di massa, da solo, potrebbe non bastare per garantire la stabilità del sistema, ecco che, allora, si ricorre ai corpi di uomini in armi posti alla sua difesa. E si fa un abbondante uso della magistratura e dei suoi uffici, come, ad esempio, quelli della procura di Brescia. La repressione poliziesca vecchio stile non è un semplice ripiego, in condizioni di emergenza, ma “la continuazione della propaganda sistemica con altri mezzi”, parafrasando il prussiano Carl von Clausewitz. Veneto Stato, Brescia Patria e l’indipendentismo disobbediente sardo, con una spruzzata di piemontesi, cadono proprio a fagiolo, consentendo di additare a un’opinione pubblica che definire idiotizzata è poco, il nuovo nemico interno. Si contribuisce, così, a porre in ombra i veri problemi, quelli che minacciano la stessa sopravvivenza quotidiana di fasce sempre più ampie del popolo italiano. Del popolo italiano tutto, bene inteso, da nord a sud.

Non bastano più gli show di Renzi, per ammansire il volgo e illuderlo che la sua condizione futura migliorerà, che si lotterà strenuamente per cambiare l’”Europa delle banche”? E’ del tutto evidente che queste comparsate possono non bastare, perché la “realtà parallela”, creata nell’interazione fra i media e una politica euroserva, non elimina gli alti tassi di disoccupazione, gli effetti concreti della spremitura fiscale e quelli delle crescenti insufficienze di reddito. Anzi, li amplifica nonostante gli annunci di salvifiche riforme del venditore di fumo fiorentino. Ecco che si affaccia il pericolo secessionista/ indipendentista, alimentato da pochi, presunti facinorosi e violenti. Il meccanismo è un classico della repressione sistemica e dell’inganno di massa. Da un lato, si lancia sul mercato del consenso il prodotto sub-politico Matteo Renzi, con il suo governo da operetta (tutti i membri, esclusi il pericoloso ministro Padoan e il viscido sottosegretario Del Rio). Dall’altro lato, si indica un pericolo interno più inquietante degli abusati “anarco-insurrezionalisti” (ma veramente sono mai esistiti?), per distrarre, impaurire e dividere il popolino vessato.

Se veramente Renzi avesse in mente di applicare politiche sostanzialmente diverse da quelle applicate, con una certa continuità, dai suoi predecessori non eletti, cioè Monti e Letta, non sarebbero stati necessari gli arresti di ventiquattro “pericolosi indipendentisti” e l’ondata di perquisizioni a danno soprattutto dei veneti. Non si sarebbe data tanta importanza al ridicolo “tanko”–pala meccanica, custodito in un capannone industriale desolatamente vuoto a Casale di Scodosia, in provincia di Padova. Ma Renzi deve rispettare fino in fondo le “regole europee”, imposte dal grande capitale finanziario, così come fecero Monti e Letta, e non può venire incontro in alcun modo ai veri bisogni del popolo italiano. Può solo produrre un’altra legge elettorale in odor di truffa (e incostituzionalità) e precarizzare ancor di più il lavoro, come ha fatto con il recente decreto lavoro 134/2014, e come si appresta a fare con il contratto d’ingresso “a tutele crescenti” (ma inizialmente mancanti), oggetto di disegno di legge con tempi più lunghi.

Se i conati “secessionisti”, alimentati dalla crisi produttiva e occupazionale, cadono a fagiolo per riattivare la repressione e continuare così con altri mezzi la propaganda sistemica, ciò potrebbe porgere il destro per infliggere, da qui alla scadenza elettorale europea di fine maggio, un colpo in testa alla lega di Salvini, oggi in rimonta di consensi. Sì, proprio alla lega non più separatista, che però è il gruppo di “euroscettici” legali più vicino alle istanze indipendentiste dei veneti, dei bresciani, dei piemontesi e financo dei sardi. Sarebbe sufficiente, a tale scopo, che qualche procura trovi, o costruisca abilmente, un collegamento con rilievo penale fra esponenti leghisti (magari candidati alle europee) e i gruppi contro i quali si è scatenata la repressione. Si può cogliere l’occasione per inguaiare qualche altro capo dei Forconi, com’è accaduto con Luigi Chiavegato, onde prevenire in alcune regioni la ricomparsa di questo (effimero) movimento di popolo.

Non è quindi il “tanko” di Casale di Scodosia, fra il paramilitare e il carnascialesco, non sono Rocchetta e le sue presunte milizie della Liga Veneta che devono spaventarci, ma la repressione sistemica che è in arrivo e che domani potrà colpire anche chi si oppone, senza tanki e senza armi, al progetto criminale dell’euro e al potere assoluto degli euroservi locali.

Ebbravo renzi fonzie...

Nel ‘Salva Roma’ spunta il ‘Salva Firenze’: Ncd e Fi contro, Pd ritira emendamento. Il provvedimento permette di assumere o promettere di assumere un po’ di gente prima delle elezioni. Forza Italia accusa: "Serve per Nardella". I dem lo ritirano, ma l'intenzione è di riproporlo in Aula la prossima settimana. Approvata, invece, la norma che abbassata dal 30 al 20% la cifra che va appostata in bilancio per garantire i residui attivi: liberate risorse che altrimenti immobilizzate. Manna dal cielo per Milano e Torino. E l'opposizione polemizza di Marco Palombi

A livello giornalistico tutti lo conoscono come “Salva-Roma”, ma poi si sa come vanno queste cose: si finisce per salvare un po’ tutti. O almeno ci si prova. E’ così che durante la notte – nell’apposita riunione congiunta delle commissioni Bilancio e Finanze convocata per approvare il decreto “in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche” (il nome ufficiale) – si è tentato nientemeno che di salvare Dario Nardella, il vicesindaco di Firenze nominato da poche settimane dall’amico Matteo Renzi e candidato avatar del premier a primo cittadino nella città in cui tutto è iniziato (candidato che, a quanto risulta da sondaggi interni dello stesso Pd, viaggia alla non ragguardevole cifra del 30% delle intenzioni di voto).

L’emendamento è uno di quelli scritti in burocratese stretto, in modo che si faccia fatica a capirne il contenuto: il sospetto che fosse pensato per favorire Firenze era già nell’aria, ma è divenuto una certezza quando i lavori delle commissioni riunite si sono arenati per l’opposizione dei deputati di Nuovo Centrodestra (Paolo Tancredi e Barbara Saltamartini su tutti). “Ma se lo dicono anche quelli del Pd che è stato pensato per Firenze”, sbottava Rocco Palese (Forza Italia) uscendo dall’aula intorno a mezzanotte e mezza. La firma in calce al testo, d’altronde, lasciava pochi dubbi: Dario Parrini, segretario regionale del Pd in Toscana, renzianissimo. Anche lo stesso Nardella s’era discretamente fatto sentire coi colleghi (formalmente è ancora deputato) e il governo aveva sigillato il tutto col suo parere favorevole: alla fine, però, dopo una mezz’ora di discussione accesa e coi lavori di commissione a rischio blocco, il Pd ha deciso di ritirare l’emendamento col proposito di ripresentarlo nella discussione in Aula la prossima settimana.

Il contenuto, come si diceva, è pensato proprio per permettere al Comune di Firenze – e cioè al clone renziano Nardella che lo amministra oggi e probabilmente lo farà domani – di assumere o promettere di assumere un po’ di gente prima delle elezioni: la classica manovra pre-elettorale. In sostanza si consente ad alcune tipologie di comuni di aumentare il numero di dirigenti assumibili a tempo determinato e senza concorso: in pratica, nel nostro caso, Firenze avrebbe triplicato questo genere di posti (senza contare, sia detto per inciso, che la cosa è del tutto in contrasto coi nuovi concorsi per giovani dirigenti propagandati dal ministro della Funzione pubblica Marianna Madia).

Se il salva-Nardella o salva-Firenze non è andato, però, non tutti gli aiutini vengono bloccati. Anzi, di regola qualcosa passa sempre. Un emendamento che tanto fa piacere ai comuni di Milano e Torino, ad esempio, è stato approvato proprio nella notte: in sostanza è stata abbassata dal 30 al 20% la cifra che va appostata in bilancio per garantire i residui attivi. Questo, ovviamente, libera risorse che altrimenti sarebbero dovuto rimanere immobilizzate. Questa riduzione – autorizzata dalla Ragioneria generale e avallata un po’ da tutti anche grazie alle telefonate in serie fatte dal presidente dell’Anci, Piero Fassino – consentirà a Giuliano Pisapia, che era in grossa difficoltà, di chiudere il bilancio (e anche a Torino, dicono i tecnici, hanno tirato un bel sospiro di sollievo). Twittava nella notte la deputata romana Barbara Saltamartini, direttamente dalla commissione: “Da questa sera il cd decreto #salvaRoma è meglio chiamarlo #salvaMilano grazie a riduzione dal 30 al 20% del fondo svalutazione crediti”. Tutto è bene quel che finisce bene all’ombra del salva-Roma.

Ma si, preoccupiamoci degli extracomunitari...

“Immigrati in Italia? Saranno pensionati poveri”. E se rimpatriano addio contributi. Secondo il centro studi Idos, nel 2025 il 6% dei pensionati sarà di origine straniera. Tra chi è in regola, uno su due ha dovuto passare per una sanatoria, quindi ha perso una parte di anni lavorativi. Ma tornare al Paese d'origine vuol dire azzerare i soldi versati di Lorenzo Bagnoli

Scordatevi le giovani braccia che sognavano di lavorare nel Bel Paese. L’immigrazione italiana oggi è sinonimo di famiglie numerose e persone di mezza età. Futuri pensionati che saranno anche futuri poveri: le loro pensioni non basteranno per arrivare a fine mese. Saranno in media inferiori di 300 euro rispetto a quelle attuali – e già misere – degli italiani. Nel 2025, spiega il dossier del Centro studi Idos “Immigrazione e sicurezza sociale”, il 6% dei pensionati sarà di origine straniera. Il Rapporto 2014 del Centro internazionale di studi sulla famiglia (Cisf) evidenzia che già oggi le famiglie con almeno uno straniero sono oltre due milioni: dieci volte più di quante fossero negli anni Novanta.

Famiglia e pensionati significa nuova pressione sul sistema di welfare, soprattutto se i redditi non sono sufficienti per vivere dignitosamente: “È difficile che gli stranieri riescano a totalizzare i 20 anni di contributi. Spesso trascorrono parte della loro carriera lavorativa in nero e in media hanno retribuzioni inferiori di un quarto agli italiani”, spiega il ricercatore di Idos Antonio Ricci. Anche tra chi è in regola, infatti, uno su due ha dovuto passare per una sanatoria, quindi una parte di contributi e di anni lavorativi l’ha comunque persa.

Rimandarli a casa? In tanti probabilmente vorrebbero andarsene, senza che qualcuno li cacci. Lo dimostrano i numeri del flusso di ritorno, imponenti, complice anche la crisi: nel 2012 in 180mila non hanno rinnovato il permesso di soggiorno scaduto, l’anno precedente non l’hanno fatto in 263mila. Peccato che per tantissimi (soprattutto extracomunitari) questo significhi perdere del tutto i contributi. Così sono bloccati in Italia: “Sono pochi gli accordi bilaterali tra Italia ed altri Paesi che permettono a chi ha lavorato all’estero di godere dei contributi fuori dall’Italia. E lo stesso vale per gli italiani che hanno lavorato in quei Paesi”, commenta Maurizio Bove, responsabile immigrazione della Cisl Lombardia. Motivo? All’Italia fanno comodo i contributi degli stranieri: le pensioni trattenute finiscono nel Fondo nazionale per le politiche sociale (il Centro di ricerche Idos non è però riuscito però a quantificare il peso del “tesoretto” di pensioni straniere incamerate nel Fondo).

Il timore di perdere i soldi versati (e diritti) ha due effetti. Primo: una crescita esponenziale degli iscritti al sindacato. Alla Cisl Lombardia i pensionati stranieri iscritti sono 4.087, mille in più dello scorso anno. Secondo: i lavoratori stranieri spesso dichiarano solo una parte dei contributi previdenziali. “Soprattutto certe categorie, come le badanti – precisa Bove – chiedono alle famiglie di dichiarare il minimo possibile”. Il resto lo intascano subito. “Come al solito – prosegue il sindacalista – le condizioni di lavoro degli stranieri sono la cartina di tornasole delle difficoltà che vivono gli italiani”. Per uscire da questo circolo di diritti negati e zone grigie, c’è solo una strada: potenziare gli accordi bilaterali tra Stati. “Sotto il semestre europeo che comincia a luglio sarebbe importante rilanciare queste politiche”, aggiunge Ricci. Niente accordi, peraltro, “significa anche nessun richiamo per gli investitori”. Così oltre a non rispettare un diritto, si perde anche un’occasione economica.

giovedì 3 aprile 2014

Sull'ex reato di clandestinità

I clandestini? In Italia non esistono più. Per legge. Il senato cancella il reato e si arrampica pure sugli specchi di a.c.

Negrieri e neo-schiavisti tripudiano. Il Senato del BelPaese ha approvato il disegno di legge che di fatto abolisce il reato di clandestinità. La nuova norma da “società aperta” (alla faccia del trattato di Shengen) prevede che l’immigrazione clandestina non sia più reato e limita l’accezione penale soltanto ai casi di recidiva se vengono violati i provvedimenti amministrativi emessi in materia di immigrazione. Il sottosegretario Cosimo Ferri ha anche avuto la dabbenaggine o sfrontatezza di “illustrare” ai soddisfatti senatori (soltanto 15 i no al provvedimento) come da oggi in poi la legge colpirà quei dannati della terra che non riusciranno a trovare associazioni (negriere) compiacenti e permessi di soggiorno o status di “rifugiati politici”: costoro verranno espulsi e ove rientrassero in Italia sarebbero perseguiti penalmente. Ipocrisia della peggior specie. Si immagini infatti quale agente di polizia, con questa norma liberatutti, avrà la forza di fermare e “realmente” espellere un clandestino. Non esistendo più come clandestino sarà un libero cittadino a tutti gli effetti e con tutte le garanzie. Identificato, mettiamo, a Lampedusa, qualche ora dopo sarà a Padova o avrà già passato il Frejus, Chiasso o il Brennero. Per di più l’agente che lo aveva fermato a Lampedusa o chi per lui dovrà… notificargli (dove?) l’eventuale atto di espulsione. E tacciamo le nostre riflessioni sull’iter di espulsione: su quanto tempo ci vorrà, come e con quali denari sarà fatta e così via. Barzellette. Insomma, mercato del lavoro nero e delinquenza a parte, a rastrellare i clandestini come massa di manovra a basso costo saranno i soliti noti: i “padronati” e le false “organizzazioni umanitarie” che della cosiddetta “accoglienza” con i soldi pubblici hanno fatto una lucrosa industria. E gli italiani disoccupati? Dovranno essere “competitivi” con i neo-quasi-cittadini e quindi “flessibili” al massimo. Quasi in ginocchio. E quegli immigrati che non rientreranno nelle categorie di pseudo-privilegiati da avviare al lavoro sottopagato o di “familiari da ricongiungere”? Beh, saranno “espellibili a discrezione”. Flessibili anche loro. Povera Italia.

Alfano, la ue e l'immigrazione clandestina

Un commento: Il benessere e' strettamente collegato alla crescita demografica di un paese, in Italia nessuno fa piu' figli,le donne italiane principali colpevoli di questo gigantesco problema fra l'altro contro la natura umana il cui scopo principale e' la prosecuzione della specie ma questo e' un altro grave problema e andrebbe approfondito, siamo a decrescita demografica e con la percentuale di anziani piu' alta d'Europa, vedere sito del Parlamento Europeo, per cui altra soluzione non vedo che far arrivare nuova gente, fresca e soprattutto bisognosa di tutto, di ogni genere dall'abbigliamento al cibo alle case alle automobili ecc.ecc. e far ripartire alla grande l'intera economia italiana con conseguenti benefici per tutti, altrimenti siamo destinati alla inevitabile discesa nella poverta' collettiva in una societa' che sara' composta da anziani e pensionati che nessuno potra' sostiuire nel mondo del lavoro e dei consumi...
 
... e finchè c'è gente che ragiona così...
 
Immigrazione, Alfano: “300-600mila in Nord Africa pronti a traversate”. Il ministro dell'Interno: "Noi ci batteremo perché l'Europa difenda le frontiere". Il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy: "In vertice con istituzioni africane anche questo tema: basta con tragedie come a Lampedusa"

L’allarme è del ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Secondo le nostre informazioni, in Nord Africa ci sono tra 300 e 600mila persone in attesa di transitare nel Mediterraneo”. Il titolare del Viminale lo dice a margine di un convegno a Palermo sull’immigrazione. “Noi ci batteremo perché l’Europa difenda le frontiere”, ha aggiunto. E quest’ultima frase fa capire quanto pesa il fatto che ci si avvicini all’appuntamento delle elezioni europee. “L’Europa  - conclude – deve prendere definitivamente atto che le frontiere del Mediterraneo sono europee e bisogna proteggerle. Altrimenti il problema degli sbarchi non si risolverà mai”. Oggi il tema dell’immigrazione è stato tra l’altro una delle “questioni chiave” affrontate dal vertice Ue-Africa, come ha dichiarato il presidente del Consiglio Ue Herman van Rompuy che ha annunciato una “dichiarazione congiunta in cinque punti per impedire il ripetersi di tragedie come quella avvenuta a Lampedusa” nell’ottobre scorso o “nel deserto della Nigeria”.

Una “forte e inequivocabile volontà politica di affrontare tutte le sfide legate alla migrazione inter e intra-continentale e la mobilità e per costruire sulle loro opportunità”, viene espressa dalle istituzioni Ue e africane che hanno partecipato al vertice a Bruxelles. Tra gli impegni, quello di garantire che “una migrazione e una mobilità ben gestiti, quali motori della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile, si riflettano in modo adeguato nell’agenda per lo sviluppo post-2015″, e ad “intraprendere azioni concrete per rispondere alle sfide della migrazione e della mobilità a livello adeguato, in uno spirito di collaborazione, condivisione delle responsabilità e cooperazione”. Le istituzioni, tra l’altro, si dicono “fortemente preoccupate per il serio impatto sociale e umano della migrazione irregolare e la perdita di vite che causano” e per questo dichiarano di essere “più che mai impegnati a intervenire per evitare tali tragedie in futuro e per affrontare efficacemente la migrazione irregolare” nel contesto di “rigoroso rispetto dei diritti umani e della dignità umana”. Tra gli impegni comuni, viene evidenziato anche quello “di perseguire i trafficanti di esseri umani e lo smantellamento delle loro reti criminali, poichè presentano una grave minaccia per la vita dei migranti”. Ma anche a “combattere tutte le forme di discriminazione, razzismo e xenofobia, e tutti gli atti di intolleranza in entrambi i continenti, e per garantire che i diritti umani dei migranti, compresi quelli della diaspora e delle vittime di tratta, siano pienamente rispettati”.